Jazz
Dopo il bell’omaggio al padre Dewey di “Still Dreaming” del 2018, uno dei migliori dischi dell’annata trascorsa, Joshua Redman ritorna insieme ad Aaron Goldberg, Reuben Rogers e Gregory Hutchinson: "Sono fra i musicisti che preferisco al mondo. Abbiamo suonato così tanto nel corso degli anni e siamo stati insieme così tanto on the road ... per me, sono la situazione ideale per fare musica”. Ciò nonostante il gruppo, insieme da vent’anni, non incideva in quartetto dal 2001: Redman nel frattempo ha sperimentato nuovi contesti e collaborazioni non sempre con risultati indimenticabili (come nel disco sopra citato) frutto forse di uno sguardo spesso troppo compiacente all’approvazione del grande pubblico. “Come What May” viene ad assumere il significato di un ritorno alle origini, una rimpatriata tra vecchi amici in cui ci si sente perfettamente a proprio agio, liberi di esprimersi: la musica che ne consegue è esattamente così, ricca di energia come nel tempo dispari di “Circle of Life” o in “DGAF”, o estremamente rilassatacome nel brano che dà titolo all’album o nella conclusiva "Vast", sicuramente l’episodio più interessante con il suo crescendo ipnotico e al contempo avvolgente. Bentornato alle origini Mr Redman. (Danilo Di Termini)
Aveva dieci anni Javier Girotto quando, a Cordoba, si trovò tra le mani il vinile di Tango Nuevo, in copertina il grande baritonista statunitense Gerry Mulligan e il bandoneista Astor Piazzolla uno di fronte all’altro, a celebrare un incontro carico di implicazioni, per la storia delle musiche afroamericane distribuite su diversi rami dell’albero genealogico, com’è successo a jazz e tango. Il disco era del 1974, ed era stato inciso in studio a Milano, perché in quel periodo Piazzolla, notoriamente, viveva in Italia, dove il suo mantice di fuoco e intelligenza trovava spazio e libertà di azione. Quel disco viene ora ripercorso per intero (con qualche nuovo innesto, scelta coraggiosa) da Javier Girotto, il sassofonista e flautista argentino che in Italia è dal 1990, dove ha dato vita a innumerevoli progetti jazzistici, uno su tutti il formidabile quartetto Aires Tango. Dunque l’uomo giusto per affrontare il “nuovo tango” (uscito anche col titolo “Summit”) di Piazzolla e Mulligan, mettendo in conto il pianoforte di Alessandro Gwis dagli Aires, e il delicato ruolo di Piazzolla rilevato dal bandoneon di Gianni Iorio, già abituato a duettare con Girotto. Tra i massimi esperti del genere nella Penisola. Impeccabili le esecuzioni, precisando anche che l’imponenza del suono di Girotto, spesso di urticante forza espressionistica, è cosa assai diversa dal “colore” più tenue di Mulligan. (Guido Festinese)
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