Jazz

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Image Un omaggio alla grande JONI MITCHELL: i grandi temi della straordinaria cantante e songwriter canadese con il contributo di NORAH JONES, LEONARD COHEN, TINA TURNER, CORINNE BAILEY RAE, FEIST, LUCIANA SOUZA e della stessa JONI MITCHELL.

 
1. Court and Spark (con Norah Jones)
2. Edith And The Kingpin (con Tina Turner)
3. Both Sides Now
4. River (con Corinne Bailey Rae)
5. Sweet Bird
6. The Tea Leaf Prophecy (con Joni Mitchell)
7. Solitude
8. All I Want (con Feist)
9. Nefertiti
10. Amelia (con Luciana Souza)
11. A Case of You
12. The Jungle Line (con Leonard Cohen)
CD in vendita da Disco Club a partire da venerdì 21/09 al prezzo di € 20,50.

 

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ImageInglese, chitarrista finger style (suona senza il plettro), a lungo collaboratore di Stephane Grappelli, Martin Taylor, oltre a tenere lo strumento in un’insolita posizione quasi verticale, è riconoscibile per una sonorità molto limpida e cristallina. Tra i suoi ispiratori c’è Django Reinhardt (è membro del “Nouveau Trio Gitan” con Christian Escoudé e Davide Reinhardt, il nipote di Django) e ha collaborato con Chet Atkins, David Grisman, Bill Wyman. Dopo alcuni dischi in solo, quasi didattici, è ora la volta di un quintetto con tromba e ritmica a cui, in “Kissing bug” di Billy Strayhorn, si aggiunge la voce di Alison Burns. Con grande piacevolezza si va da standard a brani originali con “The odd couple”, tema di Neal Hefti per il film “La strana coppia”, restituito in maniera assolutamente sublime. (Danilo Di Termini)

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ImageSe ascoltando un disco siete colpiti dalla raffinatezza del suono della batteria, da una tessitura melodica di tamburi e cimbali su cui gli altri strumenti sembrano quasi fluttuare, allora non potete sbagliare, state ascoltando un’incisione di Paul Motian. Fin dagli esordi con il leggendario trio con BIll Evans e Scott LaFaro, l’oggi settantacinquenne batterista di Philadelphia ha infatti segnato un’alternativa all’approccio energico e virtuoso sullo strumento. Anche in questo “Live at the Village Vanguard vol. 1”, registrato nello scorso dicembre nel piccolo e asimmetrico locale di New York dove sono stati incisi capolavori indimenticabili, Motian non si smentisce; con la novità di un quintetto - il Trio 2000 + Two con Chris Potter al sax tenore, Larry Grenadier al contrabbasso e l’aggiunta di Masabumi Kikuchi al pianoforte e Greg Osby al sax – di eccezionale livello. In attesa degli annunciati due ulteriori capitoli, cinquantasei minuti di pura bellezza. (Danilo Di Termini)

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ImageTérez Montcalm cantante e chitarrista canadese, originaria del Quebec, di lingua francese, ci presenta un raffinato album giocato tra cover ed inediti. Con “Voodoo” la cantante ci propone, in chiave jazz, la rivisitazione di brani come “Voodoo Child”, ”Love”, “Sweet Dreem”, “Sorry Seems to be the hardest World”, “How Sweet It Is” ; cioè una scelta di canzoni che varia dal rock di Jimi Hendrix al pop degli Eurythmics, ma tutti con una nuova veste, grazie ad arrangiamenti soft ed alla sua voce dalle mille sfumature.
I tre brani in francese (due composti dalla stessa Montcalm) rendono il tutto ancora più raffinato.
“Voodoo” è il prodotto della collaborazione tra Térez Montcalm ed il compositore e chitarrista Michel Cusson degli Uzeb. (Andrea Vincenti)

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ImageColtrane partecipò a quattro edizioni del festival di Newport: 1961, 1963, 1965 e 1966; l’Impulse registrò solo il secondo e il terzo concerto, sparpagliandone i brani in vari lp e cd. Questa riedizione mette finalmente ordine, anche se l’unico inedito è “Impressions” per la prima volta proposto nella sua interezza, distorsioni comprese. Sono anni cruciali per l’arte del sassofonista: tra questi due concerti, entrambi in luglio, prende forma il ‘classic quartet’, con McCoy Tyner, Jimmy Garrison e Elvin Jones (ma qui nel 1963 c’è Roy Haynes); il 28 giugno del 1965, a soli tre giorni dal concerto, la registrazione di Ascension” segna l’inizio di una radicale evoluzione della musica di Coltrane. Il confronto tra le due esibizioni è illuminante per un percorso musicale che appare a tutt’oggi inarrivabile. (Danilo Di Termini)

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Dal 1986, anno del primo disco inciso insieme (“Voyage”), fino alla scomparsa del sassofonista nel giugno del 1991, Kenny Barron è presente in tutte le registrazioni a nome di Stan Getz. Si erano conosciuti nel 1970 a Londra, avevano fatto un paio di tournée e nell’estate del 1987 avevano girato per sei settimane in Europa. Da quei concerti, che toccarono anche Perugia in una serata memorabile in cui si esibì anche il quartetto di Dexter Gordon, sono stati tratti due dischi meravigliosi (“Serenity” e “Anniversary”), registrati il 6 luglio al Cafe Mountmartre di Copenhagen con una formazione che comprendeva anche Rufus Reid (contrabbasso) e Victor Lewis (batteria). Nello stesso luogo, dal 3 al 6 marzo del 1991, Barron accompagnò per l’ultima volta un Getz già debilitato dal cancro. Basterebbe questo a fare di “People time” un disco imprescindibile per ogni appassionato; ma queste due ore di musica rappresentano anche uno dei vertici raggiunti dall’arte musicale di Getz: il pianismo di Barron, ‘protettivo’ e non ‘antagonistico’ (come ad esempio fu quello di McCoy Tyner per Coltrane) è perfetto per il tenore lirico e soave di Getz, comunque impeccabile nonostante la malattia lo costringesse a chiedere a Barron di improvvisare per riprendere fiato. Quattordici i titoli, standard nella maggior parte, tra cui spiccano “East of the sun”, “Night and day”, “Gone with the wind”, “Softly, as in a morning sunrise”; ma i due brani più toccanti sono la commovente “First song” di Charlie Haden e il brano di Benny Carter che dà il titolo al doppio cd, esecuzioni per cui non resta che l’aggettivo sublime. (Danilo Di Termini)

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