Rock
Gli ultimi anni hanno portato un vero profluvio di registrazioni dagli sterminati archivi dylaniani. Non sempre, ma spesso dedicati a momenti cruciali degli anni Sessanta, quando il folksinger prese vesti e gesti da rocker, e viceversa, creando un unicum incendiario e disturbante. Massimo rispetto, come si suol dire. Ma c’è anche da pagar pegno a chi ama altre fasi del Signor Zimmermann, ad esempio la folgorante prima metà del decennio successivo, con un Dylan ultratrentenne perfettamente a fuoco nell’ispirazione, nella scrittura e nella musica, dove anche episodi apparentemente minori ( Pat Garrett & Billy the Kid, ad esempio) col senno di poi sono da considerare grandi dischi. Il capolavoro è stato Blood on the Tracks, uno dei migliori dischi dylaniani di sempre, con quel piglio cruciale e indispettito e canzoni pressoché perfette. Sappiamo che Dylan quel particolare taglio nervoso lo cercò a lungo, alla fine abbandonando tutte le incisioni già tentate del disco, e usando anche il trucchetto di alterare la velocità delle bobine per ottenere un suono più secco e tagliente. Adesso però saltano fuori le “prime” registrazioni, e sono un pendant favoloso al disco celebratissimo: in pratica l’intera scaletta brano per brano, chitarra e voce, in un brano anche un contrabbasso.
A dieci anni esatti da “Momofuku” (se non si conta il live “The Return Of The Spectacular Singing Songbook!!!” del 2012) il nuovo album con gli Imposters (Steve Nieve alle tastiere, Pete Thomas alla batteria eDavey Faragher al basso; quest’ultimo è l’unico membro che li differenzia dagli ‘storici’ Attractions) non ne ripropone le atmosfere rock-oriented. Delle dodici canzoni infatti, ma sono sedici se acquistate la deluxe edition, tre sono scritte insieme a Burt Bacarach - “Don't Look Now”, “Photographs Can Lie”, “He's Given Me Things” - rinnovando la fulgida collaborazione che produsse l'imperdibile “Painted From Memory”, ed una con Carole King - “Burnt Sugar Is So Bitter” - composta nel lontano ‘97 quando i due frequentavano lo stesso ristorante di Manhattan. Le restanti, tutte della penna di Declan MacManus, non si discostano dalle cadenze da crooner del Costello più intimista e quasi jazzato, a parte “Mr. and Mrs. Hush” e il singolo radiofonico “Unwanted Number”. Tra i bonus spiccano “Isabelle In Tears” per piano, voce e campanellini che se fosse ancora vivo Chet Baker rischierebbe di diventare un altro standard e la francofona “Adieu Paris (L'envie des étoiles)”.
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