Jazz

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BOBO STENSON - Contra la Indecision

Per il settantatreenne pianista svedese questo è l’ottavo disco per ECM dagli esordi di “Underwear” del 1971, terzo con il trio composto dal contrabbassista Anders Jormin (da sempre al suo fianco) e dal giovane batterista Jon Fält. Senza dimenticare la partecipazione ai dischi dell’ultimo Don Cherry, di Jan Garbarek, di Tomasz Stanko (lo splendido omaggio alla musica di Krystof Komeda di “Litania”) o di Charles Lloyd, “Contra La Indecision”, che prende il titolo da una canzone del chitarrista cubano Silvio Rodríguez, sembra giungere all’apice della sua espressività musicale. In "Élégie" di  Erik Satie, in "Wedding Song From Poniky" di Béla Bartók o in “Cancion y Danza VI” del compositore spagnolo Frederic Mompou, nei cinque titoli originali di Jormin, Stenson, con il suo pianismo apparentemente semplice e minimale, riesce sempre a condurre l’ascoltatore in luoghi inaspettati e favolosi (nel senso più autentico del termine). Un ottima occasione per scoprire, se già non lo conoscete, un grande pianista: senza indecisioni. (Danilo Di Termini)

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PAOLO FRESU DEVIL QUARTET - Carpe Diem

Tempo fa un bravo critico musicale ha scritto che, nel mondo del jazz contemporaneo, la musica di Paolo Fresu rappresenta un perfetto esempio di “manierismo”. Non c'era offesa nelle parole, ma comunque la definizione porterebbe a concludere, di necessità, che chiunque azzardi qualche apparente scheggia di disarticolazione del suono, o comunque un pensiero musicale che tenga sempre conto della stagione della “new thing” è per certi versi “avanti”. Naturalmente non si va da nessuna parte con questo ragionamento, perché rinchiudere qualcuno in una categoria per il tipo di suono che ama è sempre limitante. Anche e soprattutto nel caso di Fresu: che ricordiamo peraltro in tempi non sospetti a Genova, (era il 2000) affrontare un'ora intera in totale solitudine con la tromba e qualche attrezzo elettronico, riuscendo ad essere poetico e sperimentale al contempo.

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JOHN SURMAN - Invisible Threads

Registrato nel luglio del 2017, questo disco affonda le sue radici in un viaggio di John Surman, risalente a una dozzina di anni fa, in Brasile e all’incontro con il pianista Nelson Ayres. L’idea originale era quella di un disco in duo, ma durante la fase di scrittura il multistrumentista inglese ha sentito l’esigenza di aggiungere un terzo strumento, che ha trovato nel newyorchese Rob Waring, un suonatore di vibrafono e marimba da tempo residente a Oslo (dove vive anche Surman). Il risultato è “Invisible Threads”, una raccolta di brani -  dettagliatamente descritti nelle insolitamente (per ECM) lunghe note di copertina - in cui i sassofoni del leader si distendono sulla trama intrecciata dagli altri due musicisti. Tra questi il bel crescendo di “Autumn Nocturne”, l’ammaliante “Byndweed” dalle cui armonie proviene anche, su suggerimento del produttore Manfred Eicher,   l’iniziale “At First Sight”, le brevi e sinuose evoluzioni del clarinetto basso di “Concentric Circles”. Non un disco che rapisce al primo ascolto, ma da scoprire senza fretta e con il giusto tempo. (Danilo Di Termini)

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MICHELE MARINI ORGANIC TRIO - Quintauro

Formazione decisamente giovane e atipica nel panorama italiano, l'Organic Trio  diretto dall'eccellente clarinettista e sassofonista Michele Msarini non ha basso, ma il supporto dell'organo hammond di Lorenzo Frati e delle percussioni di Emiliano Barrella. E' un gruppo nato in Toscana, e la vicinanza con strepitosi musicisti del giro “neo folk” meno sterilmente filologico ha portato in dote alle note del gruppo una freschezza che già abitava le composizioni libere e liriche del Trio: a partire da due musicisti ben  noti a chi segue il migliore folk progressivo italiano, Riccardo Tesi con il suo organetto fatato e Maurizio Geri, dal gruppo di Tesi, con la sua spiritata chitarra manouche. C'è anche il Duo Bottasso, Elias Nardi al liuto arabo Oud, Daniele Donadelli alla fisarmonica. Dunque asi ascolta un etno jazz libero di spaziare ad ogni latitudine, spesso asssai “funk”, che sarebbe molto piaciuto a Joe Zawinul e alle sue avventure sonore multietniche. (Guido Festinese)

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ELLA FITZGERALD - Ella At Zardi's

Il 7 febbraio 1956 Ella Fitzgerald entra negli studi di registrazione della Verve per registrare il primo dei suoi SongBook dedicato a Cole Porter. All’epoca ha 39 anni ed è nel pieno della sua maturità artistica e vocale: qualche giorno prima di iniziare il suo contratto con l’etichetta di Norman Granz, il 2 febbraio, è allo Zardi's Jazzland di Hollywood con un trio formato da Don Abney al piano, Vernon Alley al contrabbasso e Frank Capp alla batteria. A più di sessantanni da quella serata salta fuori una registrazione, non impeccabile dal punto di vista audio, ma con una Fitzgerald in forma stratosferica. La disarmante facilità con cui passa dal languido romanticismo di “Tenderly” al groove aggressivo di “Why Don't You Do Right“, dal blues di “Joe William’s blues” al terrificante scat in puro stile bop di “How High The Moon”, lascia letteralmente a bocca aperta. Quale miglior modo per finire questo 2017 in bellezza? (Danilo Di Termini)

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ARTISTI VARI – Hendrix In The Spirit Of Jazz

Non è certamente una storia nuova quella che unisce Hendrix e il Jazz e questa antologia della Act (attenzione: non sono brani inediti, ma una raccolta di titoli già usciti nei singoli dischi) sta lì a dimostrarlo. Se poi il rapporto sia più o meno fecondo è questione da valutare volta per volta, mai come in questo caso dove insieme alla rivelazione del jazz polacco Leszek Mozdzer (che insieme a Lars Danielsson, Zohar Fresco e la  Polish Radio Symphony Orchestra appronta una bizzarra versione di “Are You Experienced?”) troviamo il norvegese Bugge Wesseltoft (bella sua versione in piano solo di “Angel”) o la cantante sud coreana Youn Sun Nah alle prese con un’eterea “Drifting” (dal suo album del 2017 inciso con un trio guidato da Jamie Saft). La parte del leone la fa, e non poteva essere diversamente, il chitarrista di origini vietnamite Nguyên Lê, un hendrixiano di provata fede, che rilegge “1983...(A Merman I Should Turn to Be)”, “If 6 Was 9” (con Terri Lyne Carrington) e “Little Wing” mettendo lo zampino anche nella versione live di “Purple Haze” insieme a Caecilie Norby, Céline Bonacina, Wolfgang Haffner, Verneri Pohjola, Lars Danielsson e Nils Landgren. Stili diversi quindi, più o meno fedeli; ma è lo Spirito quello che conta: a volte c’è, a volte s’intravede, altre sembra del tutto assente. (Danilo Di Termini)

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