Il mondo visto da Disco Club

Ormai la rubrica-nella-rubrica sta diventando una consuetudine: dopo avere parlato a lungo di espulsioni (e ci sarà un’appendice!), ecco la terza e ultima puntata (per fortuna, dato l’argomento) dedicata ai ladri di dischi. Anche sulla base di quanto narrato nelle settimane precedenti, a Giancarlo Balduzzi chiediamo se i furti da lui subiti e/o atleticamente sventati (come vedremo) fossero per ‘uso personale’ oppure per rivendere i dischi lucrandoci sopra.

Nei primi anni ’80 a Genova il numero degli eroinomani crebbe tantissimo e, di conseguenza, aumentarono anche i piccoli furti ad opera di chi aveva bisogno di denaro per procurarsi la droga. Un negozio particolarmente bersagliato era Liguria Libri Dischi, anche perché aveva spazi grandi e difficilmente controllabili. Lì a sparire erano soprattutto i libri di pregio; bastava rivenderne un paio per ricavare discrete cifre. Invece, per fare qualche soldo con i vinili bisognava portarne via tanti e in un posto piccolo come Disco Club l’impresa non era facile. A proposito di quel periodo mi torna in mente una storia un po’ triste.

Sentiamola…

In negozio venivano spesso due giovani punkpunk messi piuttosto male. Uno lo chiamavamo Cina, per via dei lineamenti orientali. Un giorno i due escono dal negozio in maniera sospetta. Lascio alla cassa Stefano [Razzetti, storica figura che per anni ha lavorato nel negozio, nda] e li seguo in Via S.Vincenzo. Se ne accorgono e si innervosiscono. Accelerano e altrettanto faccio io, all'incrocio con Via Galata tirano dritti e io dietro, ormai corrono per lanciarsi su da Salita della Tosse e a questo punto li lascio andare visto che ho ottenuto il mio risultato: hanno capito che non potranno più venire in negozio e così infatti sarà. Cina purtroppo lo rivedrò pochi mesi dopo: in una foto sul Secolo XIX accanto all’articolo che parlava della sua morte per overdose.

Una volta mi avevi detto che negli anni ’80 i più portati a rubare dischi erano i punk…

Sì, è vero. Alcuni lo facevano perché, appunto, spendevano tutto in eroina e non gli restava più niente per comprarsi di dischi, altri come gesto anarchico contro il sistema (si fa per dire) oppure solo per il gusto di provare a fregarmi. In quest’ultima categoria rientrava un frequentatore abituale che, data la statura, Stefano e io chiamavamo Punketto. Al contrario dello Strinato e di L [v. puntate precedenti, nda], Punketto, non aveva l’aria troppo affidabile e quindi era abbastanza controllato. In quegli anni però il negozio era spesso strapieno e non sempre potevamo guardare tutti.

Ciao Giancarlo, la storia dello ‘Strinato’ [v. puntata precedente della rubrica], il cleptomane perfetto contabile dei furti perpetrati, era anche un ottimo esempio delle proprietà terapeutiche di Discoclub. Grazie alla passione per la musica, lo Strinato ha imparato, si spera, a tenere a bada le tentazioni. Certo, il fatto che acquisti solo cd di cantanti donne getta qualche ombra su altri aspetti della sua personalità. Potresti  appioppargli  il triplo tutto arpa pling-plong di Joanna Newsom, così magari lo redimi anche dalla sua monomania…”

Già fatto. Ma non è servito, l'importante è che siano donne, allegre o noiose è indifferente. Ossessivamente metodico anche in questo.

In un’altra puntata della rubrica avevamo ipotizzato una Casa di Riposo Discoclub. Certo, che anche una casa di cura non mancherebbe di utenti-clienti… Puoi raccontarci altre storie che spieghino come  Discoclub, al pari di ogni regime dittatoriale severo ma giusto, punisce ma cura i clienti che sbagliano?

C’è la storia di L che, sotto questo punto di vista, è persino più interessante.banda_bassotti

Anche L, come lo Strinato, era un cliente abituale. Uno quindi di cui fidarsi: questo fino al fatidico giorno. La tattica (mia) è sempre la stessa; avevo visto che da un po' di giorni L faceva movimenti strani dietro il bancone ogni volta che mi allontanavo per servire un cliente. Una mattina, quindi, fingo di andare a cercare un cd, a metà negozio mi giro di scatto e lo sorprendo con un disco in mano preso dai rimpiazzi; lo ripone e io faccio l'indifferente memorizzando però il titolo dell'album. Quasi subito lui mi saluta ed esce dal negozio. Vado subito a controllare e il cd è sparito dal suo posto; esco e lo becco ancora davanti alla vetrina.

"Dove hai messo il disco che avevi in mano?" Il tono della mia voce non deve essere tanto tranquillo, perchè L. sbianca in volto, già normalmente pallido (a proposito mi rendo conto ora che il denominatore comune tra lo Strinato  e L. sono la magrezza e il pallore: dovrò stare più attento a questo dato lombrosiano).

"Io... non.. lo...so."

"Allora entra e cercalo!"

Ed ecco a voi finalmente la prima puntata della' rubrica nella rubrica' dedicata ai ladri di dischi.ladri Prima di lasciare spazio ai romanzeschi ricordi di Giancarlo Balduzzi, una precisazione: sui dizionari di lingua italiana "strinato" è proposto come sinonimo di "bruciacchiato" e come termine gergale per "magrissimo". Forse per questo, a partire dagli anni '80 è divenuto una forma alternativa per "drogato", "tossico", "fatto" etc. Vi è stato tuttavia un periodo in cui strinato era colui che portava i capelli lunghi e con ondulazioni brevi ( tipo Maurizio Vandelli dell'Equipe 84) talora causate da maldestri tentativi di lisciatura. È dunque in quest'accezione coiffeuristica che il termine viene usato qui. E ora attenzione, la fosca vicenda sta per iniziare:

Nei primi anni '70 i capelli lunghi non erano certo un segno identificativo rilevante, ma se quei capelli erano 'strinati' alla maniera di Maurizio Vandelli (vedi foto sotto), chi li portava si notava di più. Un giorno, mentre scorro i vinili di Disco Club (ero ancora solo un cliente), vedo , appunto, uno strinato accanto a me che poggia una grossa busta di plastica sopra lo scaffale inferiore, dove all'epoca erano esposti i long-playing delle cantanti italiane; estrae dal loro posto i dischi di Mia Martini e, dopo averli esaminati, li ripone... Possibile che abbia visto bene? Eppure sì: non li ha rimessi al loro posto, ma dentro la busta.

Trascorsi tre mesi, si può dire che il bilancio di questa rubrica va oltre le più perverse aspettative: ironia un po' cattiva che colpisce anche il curatore non appena se ne va in vacanza (v. puntata precedente) e generalizzata aspirazione dei lettori a emulare gli aspetti più trash della frequentazione discoclubiana. Come se non bastassero i tentativi di farsi espellere dal negozio verificatisi circa un mese fa per competere (invano) con la superstar Carlo A, la scorsa puntata, quella dedicata ai rompipalle, ha scatenato in molti clienti il desiderio (un po' perverso, come si diceva) di entrare nella Top Ten dei fastidiosi. E' probabile che fra breve qualcuno, pur di salire in classifica arriverà a fare telefonate di questo tenore: "Gian, non aspetto niente dall'Olanda, ma puoi vedere se mi è arrivato qualcosa?" Ma attenti, perché l'astuto Balduzzi vi sgamerà subito dicendovi: "No niente, però ti ho ordinato XY. che di sicuro ti piace". Infine c'è la partecipazione in stile ultrà di alcuni lettori-fan: "Ci avevate promesso la puntata sui ladri di dischi e non l'abbiamo ancora vista. Smettetela di farvi delle pippe!" Ahinoi, ci tocca a questo punto comunicare che la puntata in questione verrà ulteriormente procrastinata poiché vorremmo, insieme a Balduzzi, fare un bilancio serio (per davvero) dell'anno appena trascorso e quindi provare a immaginare i possibili scenari, per usare un tono da amministratore delegato pre-crisi, del 2011.

Quelle che seguono sono alcune domande che abbiamo pensato di porre al nostro amato leade... cioè negoziante di fiducia. Se ve ne vengono in mente altre, fatecelo sapere. Avete tempo sino al 23 gennaio.

 

Vivaldi è sicuramente il mio cliente più "volatile", nel senso che più volte all'anno ci lascia per volarsene verso i paesi più remoti. Questa volta ha scelto una meta che si confà alle sue abitudini: le isole Canarie. Tocca a me continuare in prima persona la rubrica, anche perchè il fine anno segna il momento dei riepiloghi. I dischi dell'anno li trovate a parte, ma altre classifiche nostre proprie attendono di essere svelate: ad esempio quella dei "rompipalle di Disco Club". rompipalle1
Questa classifica è stata inaugurata circa dodici anni fa. Per i primi tempi il vincitore è cambiato di anno in anno. Il primo ad aggiudicarsi l'ambito (si fa per dire) titolo è stato il portinaio dei nostri vicini di tanto tempo (Teti, poi Sip, poi Telecom): De Mita (come lo chiamavamo per la sua somiglianza al suo più celebre concittadino). In verità all'epoca della vittoria era già ben piazzato in classifica, con le sue richieste continue di dischi (Claudio Villa) o dvd (western con John Wayne) che non abbiamo in negozio, ma un sabato pomeriggio ha avuto l'allungo vincente.

Io arrivo sempre puntualissimo all'apertura, anzi in anticipo. Anche quel sabato alle 15 meno 5 ero lì e cosa mi tocca vedere? Il simildemita che mi indica l'orologio. Ammetto che al riguardo sono molto suscettibile, soprattutto se il rilievo mi viene da una persona che in una settimana lavora quindici ore meno di quello che faccio io. Gli esplodo addosso un po' di insulti e, estraendo il cartellino rosso (unico espulso senza nemmeno essere entrato in negozio), gli faccio vincere il campionato di quell'anno: rompipalle n. 1 del 1998.

Come si chiama questa tradizione? E non sarebbe più appropriato definirla rituale? In effetti Il cosiddetto Girodisco fa ormai parte delle consuetudini di Discoclub, ma ha caratteristiche che riempirebbero di felicità un antropologo. L'idea venne, una dozzina d'anni fa, a Marco Sideri (autorevole firma di questo sito) e Giacomo Calamari: un gruppo di amici e appassionati di musica si riunisce in un negozio di dischi (in origine era l'ormai scomparso Pink Moon, oggi è, inutile a dirsi, Discoclub) rigorosamente alle 18,30 del 24 dicembre. A turno uno dei partecipanti esce dal negozio e gli altri decidono quale cd regalargli. (vedi foto a destra: in attesa davanti alla vetrina)giro
A fine giro ognuno avrà pagato un cd ricevendone in dono un altro. E' importante conoscere i gusti del regalando, ma non nel senso che ci si potrebbe immaginare e cioè scegliere qualcosa in sintonia con i suoi ascolti. Lo scopo è invece proporgli qualcosa che lui/lei non avrebbe mai acquistato di propria iniziativa, ma che è oggettivamente valido e significativo. Insomma, una gioiosa espansione della conoscenza in un cenacolo di anime belle che avrebbe suscitato l'ammirazione di Lorenzo il Magnifico.
Una volta terminata questa prima fase, tutti i presenti si riuniscono fuori dal negozio, formano un cerchio e uno dopo l'altro aprono coram populo il pacchettino-regalo contenente il cd ricevuto. Le reazioni spaziano dal "ma sai che volevo comprarlo?" al "non lo conosco però lo sento" al "ma siete proprio stronzi", fino all'ormai classico "questa è una gag!". Sì, perché nel tempo si è consolidata una tradizione-nella-tradizione in base alla quale a qualcuno viene fatto un falso regalo prima della consegna di quello vero. Ovviamente in alcuni casi non si tratta di una gag ma del vero regalo (la cosa può essere imbarazzante) e in altri il disco-gag risulta persino desiderabile (un paio d'anni fa si ricorda un Sideri non del tutto dispiaciuto di fronte a un greatest hits di Raffaella Carrà finemente intitolato "Raffica").
L'edizione 2010 ha detto che il Girodisco sta diventando un autentico evento in cui sono coinvolte sempre più persone. E' ormai abbastanza complesso coordinare la fase del "tu stai fuori" e del "cosa prendiamo a...", anche perché il contemporaneo giro di aperitivi all'adiacente Bar Verdi rende la situazione caotica. Tuttavia, intorno alla 19,30 una trentina di girodischisti si è sistemata in cerchio (magica figura che evoca antichi rituali precristiani, nientemeno) di fronte al negozio per aprire i propri pacchetti: sono comparsi, fra gli altri, Sadies, Edwyn Collins, Bryan Ferry, Arcade Fire e Dream Syndicate e un "De André canta De André vol. 2" subito smascherato come gag: "Riprendetevelo e datemi il regalo vero!".
Rituali precristiani, nuovo Rinascimento, messa in cortocircuito della dialettica individuale-collettivo... Si era già detto nella scorsa puntata, quella dedicata ai file di Wikileaks, che Discoclub è qualcosa più che un negozio di dischi. Ora, dagli intrighi della politica internazionale siamo passati a qualcosa di più potente, ancestrale e pervasivo. Roba spessa, insomma.
Intanto, alle 19,40, con un ritardo insolito e senza neppure dover spingere via l'ultimo cliente (non perché a Natale persino lui sia più buono ma perché "tanto siete già tutti fuori"), Giancarlo Balduzzi abbassa la saracinesca concedendosi due incredibili giorni consecutivi di riposo: "A volte possono essere tre se il 27 dicembre cade di domenica, ma più di quello no. Al quarto giorno senza Discoclub alcuni clienti, soprattutto quelli della futura casa di riposo, potrebbero impazzire". (Antonio Vivaldi)

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