Il mondo visto da Disco Club
22 Febbraio 2011
|Ormai la rubrica-nella-rubrica sta diventando una consuetudine: dopo avere parlato a lungo di espulsioni (e ci sarà un’appendice!), ecco la terza e ultima puntata (per fortuna, dato l’argomento) dedicata ai ladri di dischi. Anche sulla base di quanto narrato nelle settimane precedenti, a Giancarlo Balduzzi chiediamo se i furti da lui subiti e/o atleticamente sventati (come vedremo) fossero per ‘uso personale’ oppure per rivendere i dischi lucrandoci sopra.
Nei primi anni ’80 a Genova il numero degli eroinomani crebbe tantissimo e, di conseguenza, aumentarono anche i piccoli furti ad opera di chi aveva bisogno di denaro per procurarsi la droga. Un negozio particolarmente bersagliato era Liguria Libri Dischi, anche perché aveva spazi grandi e difficilmente controllabili. Lì a sparire erano soprattutto i libri di pregio; bastava rivenderne un paio per ricavare discrete cifre. Invece, per fare qualche soldo con i vinili bisognava portarne via tanti e in un posto piccolo come Disco Club l’impresa non era facile. A proposito di quel periodo mi torna in mente una storia un po’ triste.
Sentiamola…
In negozio venivano spesso due giovani punk messi piuttosto male. Uno lo chiamavamo Cina, per via dei lineamenti orientali. Un giorno i due escono dal negozio in maniera sospetta. Lascio alla cassa Stefano [Razzetti, storica figura che per anni ha lavorato nel negozio, nda] e li seguo in Via S.Vincenzo. Se ne accorgono e si innervosiscono. Accelerano e altrettanto faccio io, all'incrocio con Via Galata tirano dritti e io dietro, ormai corrono per lanciarsi su da Salita della Tosse e a questo punto li lascio andare visto che ho ottenuto il mio risultato: hanno capito che non potranno più venire in negozio e così infatti sarà. Cina purtroppo lo rivedrò pochi mesi dopo: in una foto sul Secolo XIX accanto all’articolo che parlava della sua morte per overdose.
Una volta mi avevi detto che negli anni ’80 i più portati a rubare dischi erano i punk…
Sì, è vero. Alcuni lo facevano perché, appunto, spendevano tutto in eroina e non gli restava più niente per comprarsi di dischi, altri come gesto anarchico contro il sistema (si fa per dire) oppure solo per il gusto di provare a fregarmi. In quest’ultima categoria rientrava un frequentatore abituale che, data la statura, Stefano e io chiamavamo Punketto. Al contrario dello Strinato e di L [v. puntate precedenti, nda], Punketto, non aveva l’aria troppo affidabile e quindi era abbastanza controllato. In quegli anni però il negozio era spesso strapieno e non sempre potevamo guardare tutti.
14 Febbraio 2011
|Ciao Giancarlo, la storia dello ‘Strinato’ [v. puntata precedente della rubrica], il cleptomane perfetto contabile dei furti perpetrati, era anche un ottimo esempio delle proprietà terapeutiche di Discoclub. Grazie alla passione per la musica, lo Strinato ha imparato, si spera, a tenere a bada le tentazioni. Certo, il fatto che acquisti solo cd di cantanti donne getta qualche ombra su altri aspetti della sua personalità. Potresti appioppargli il triplo tutto arpa pling-plong di Joanna Newsom, così magari lo redimi anche dalla sua monomania…”
Già fatto. Ma non è servito, l'importante è che siano donne, allegre o noiose è indifferente. Ossessivamente metodico anche in questo.
In un’altra puntata della rubrica avevamo ipotizzato una Casa di Riposo Discoclub. Certo, che anche una casa di cura non mancherebbe di utenti-clienti… Puoi raccontarci altre storie che spieghino come Discoclub, al pari di ogni regime dittatoriale severo ma giusto, punisce ma cura i clienti che sbagliano?
C’è la storia di L che, sotto questo punto di vista, è persino più interessante.
Anche L, come lo Strinato, era un cliente abituale. Uno quindi di cui fidarsi: questo fino al fatidico giorno. La tattica (mia) è sempre la stessa; avevo visto che da un po' di giorni L faceva movimenti strani dietro il bancone ogni volta che mi allontanavo per servire un cliente. Una mattina, quindi, fingo di andare a cercare un cd, a metà negozio mi giro di scatto e lo sorprendo con un disco in mano preso dai rimpiazzi; lo ripone e io faccio l'indifferente memorizzando però il titolo dell'album. Quasi subito lui mi saluta ed esce dal negozio. Vado subito a controllare e il cd è sparito dal suo posto; esco e lo becco ancora davanti alla vetrina.
"Dove hai messo il disco che avevi in mano?" Il tono della mia voce non deve essere tanto tranquillo, perchè L. sbianca in volto, già normalmente pallido (a proposito mi rendo conto ora che il denominatore comune tra lo Strinato e L. sono la magrezza e il pallore: dovrò stare più attento a questo dato lombrosiano).
"Io... non.. lo...so."
"Allora entra e cercalo!"
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