Jazz

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PAOLO FRESU - Tempo di Chet al Modena

Un nuovo disco per Paolo Fresu e uno spettacolo per accompagnarlo o, più probabilmente, il contrario... In questi giorni nella nostra città è in cartellone 'Tempo di Chet' un'ottimo spettacolo teatrale di Leo Muscato e Laura Perini che racconta la vita travagliata di Chet Baker con un cast di otto attori e tre musicisti. Il trio di sfondo sul palco comprende Fresu alla tromba e flicorno, Marco Bardoscia al contrabbasso e Dino Rubino al pianoforte, mentre sulla scena si alternano gli otto attori, impersonando via via figure importanti della vita di Baker (i genitori, i manager, i musicisti, lo spirito di Bird). Trattando del trombettista 'maledetto' e della sua carriera segnata da molti passi falsi e dalla dipendenza, lo spettacolo vira spesso su toni dolenti e cupi, smorzati dalla musica e dalla verve degli interpreti, che si dividono i molti personaggi. Tempo di Chet, nella versione disco, è eseguito dagli stessi musicisti (con l'aiuto di Stefano Bagnoli alla batteria in due brani). Sono solo quattro i brani del repertorio di Baker ma non manca My Funny Valentine, mentre il resto è a firma Fresu, sei brani, con Rubino e Bardoscia che ne siglano due a testa. (Fausto Meirana)

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ERIC DOLPHY - Musical Prophet: The Expanded 1963 New York Studio Sessions

Pubblicato in triplo vinile lo scorso Black Friday arriva nel 2019 anche il triplo cd di “Musical Prophet: The Expanded 1963 New York Studio Sessions”, opera in cui la Resonance Records ha raccolto le incisioni realizzate da Dolphy l’1 e il 3 luglio 1963. Originariamente prodotte da Alan Douglas – l’uomo che stava lavorando per la realizzazione del mitico album di Jimi Hendrix insieme a Miles Davis al momento della scomparsa del chitarrista – le sessioni videro la luce in due dischi distinti, “Conversations” per la FM record nel 1963 (ripubblicato poi dalla Vee-Jay con il titolo “The Eric Dolphy Memorial Album”) e “ Iron Man” per la Douglas nel 1968 (da rimarcare in questi album più volte ristampatil’impareggiabile crocevia tra ‘vecchio’ e ‘nuovo’di “Jitterbug waltz” di Fats Waller e la performance solitaria all’alto di “Love me”).

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FLAVIO BOLTRO BBB TRIO – Spinning

Dopo un lunghissimo rodaggio live, approda finalmente all’uscita discografica il BBB Trio formato da Flavio Boltro alla tromba, Mauro Battisti al contrabbasso e Mattia Barbieri alla batteria. Svelata così l’origine del nome, ci si può accomodare all’ascolto di uno dei dischi più interessanti dell’anno, a partire dalla formula piuttosto inconsueta e da un repertorio pressoché totalmente originale, tranne la bella reinterpretazione di “Roma Nun Fa La Stupida Stasera”. Ma la sorpresa più piacevole è certamente l’immediata consapevolezza all’ascolto di trovarsi di fronte a una formazione che suona insieme nel senso più autentico del termine: ogni frase, ogni intervento, ogni accentuazione, fa parte di una conversazione in cui i toni possono essere i più disparati (da quelli quasi contemplativi di “Catalina” a quelli più accesi di “Black jack”), ma in cui nessuno dei protagonisti prende il sopravvento, in un dialogo in cui l’ascolto dell’altro è altrettanto importante di quanto si sta per dire. Il sinuoso bolero iniziale di “Natale a Mosca” (che evoca le atmosfere del meraviglioso trio formato da Aldo Romano, Louis Sclavis e Henri Texier),“Spinning”, quasi un tema di Ornette Coleman ritrovato, “Spiritual” dal semplice e gioioso andamento, sono tutti episodi di un’opera davvero compiuta e mirabile. (Danilo Di Termini)

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ENRICO PIERANUNZI - Play Gershwin

Ma come, un altro disco dedicato a Gershwin? Sì, un altro disco dedicato a Gershwin. Per fortuna. Nostra, e di chi, al di là della vacua supponenza di chi crede di ave ascoltato tutto, e tutto soppesato, ritiene di poter dare giudizi a priori. Gershwin quando è morto non aveva neppure quarant’anni: dunque tutta la sua musica è opera di un giovane geniale che affrontava le note con la stessa travolgente intensità di certi rocker che preferiscono “bruciare, piuttosto che arrugginire”. Ed ogni riferimento alla realtà è puramente voluto. Gershwin, ascoltato con orecchie pure, è “Forever young”, come canta Dylan. Bello allora che Enrico Pieranunzi, uno dei migliori pianisti jazz italiani, uno che anche quando sussurra sui tasti produce rombi di intensità emotiva  accanto al fratello Gabriele, violinista, e a un altro Gabriele, l’immenso Gabriele Mirabassi al Clarinetto abbia riletto Gershwin. Formazione timicamente atipico, esiti magnifici con un camerismo onirico e terreno al contempo. “Un americano a Parigi” e la “Rapsodia in Blu” come non li avete mai sentiti. (Guido Festinese)

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ANTONIO SANCHEZ - Lines In The Sand

Nato a Città del Messico, cresciuto musicalmente al Berklee college di Boston e poi alla corte di Pat Metheny, Antonio Sanchez ha perforato il muro della ristretta audience jazzofila con la partecipazione al film di Alejandro González Iñárritu “Birdman”, di cui ha curato anche la colonna sonora. Ora prova ad abbattere altri muri, quello drammaticamente autentico che corre lungo il confine tra Stati Uniti e Messico, e quello dell’ipocrisia nei confronti dell’immigrazione, un tema universale e contemporaneo su cui il batterista si è pronunciato fin dal suo primo disco per la CamJazz nel 2007 intitolato proprio “Migration”. Come scrive sul suo sito “Questo album parla dell'esperienza degli immigrati. Questo album non parla di me o di immigrati come me. Questo progetto parla dell'immigrato che è stato costretto a fuggire a casa per paura, persecuzione, guerra e carestia. Si tratta del tipo di immigrato costantemente demonizzato, ostracizzato e politicizzato da pochi potenti in nome di un nazionalismo fuorviato che sta rapidamente erodendo una qualità fondamentale negli esseri umani: la capacità di provare amore per le persone che hanno un aspetto diverso da noi fare ed empatia per le persone meno fortunate di noi. Questo album parla di loro e del loro viaggio”.

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STEVE KUHN TRIO - To and from the Heart

Il jazz è una musica fatta da musicisti che incrociano le loro traiettorie quasi compulsivamente: si incontrano, si lasciano, si ritrovano felicemente, oppure restano legati indissolubilmente pur nella varietà dei loro progetti. Steve Kuhn, originario di Brooklyn, classe 1938, ha incontrato Steve Swallow più di cinquant’anni fa, una registrazione nel 1966 a nome di Pete LaRoca, uno dei mentori del pianista. Con Joey Baron, batterista dell’avanguardia jazz, spesso al fianco di John Zorn e Bill Frisell, ma capace di trasformarsi in raffinato accompagnatore di standard restando inventivo e originale, il sodalizio risale ‘solo’ al 1995, con un disco ECM “Remembering Tomorrow“. Nel 2012 finalmente hanno formato un trio, arrivato oggi al terzo disco – dopo “Wisteria” e “At This Time” - che si apre con una solare composizione del leader, “Thining Out Load”, seguita da una sorta di standard, quella “Pure Imagination” che arriva dalla colonna sonora di Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato (dove la cantava Gene Wilder, qui l’arrangiamento ricalca la versione di Lou Rawls del 1976). Ancora due ballad, “Away” and “Never Let Me Go” e dopo “Into the New World” i tre entrano in “Trance”, composizione di Kuhn che risale al 1975, una sorta di omaggio al suo altro mentore, John Coltrane, con il quale suonò da gennaio a marzo del 1960 nel gruppo formato dal sassofonista che aveva appena lasciato Miles Davis. Il brano si fondecon “Oceans in the Sky”, formando un medley di oltre sedici minuti in cui i tre musicisti si prendono i loro spazi, finalmente liberi di dialogare senza freni o costrizioni. Il jazz è anche una musica fatta da ascoltatori che incrociano musicisti a volte casualmente: se non l’avete mai fatto questo è il disco per incontrare un grande come Steve Kuhn. (Danilo Di Termini)

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