11 Marzo 2018
|Benvenuti alla terza puntata de 'L'angolo di Dario', la rubrica di banalità musicali e varia umanità che il mondo ci invidia.
Oggi parliamo di un album molto atteso dal folto popolo di metallari (veri, presunti e ex) che affollano i ranghi dei clienti di Disco Club: è finalmente uscito 'Firepower', l'ultimo lavoro dei Judas Priest! Piccola premessa per chi non si abbevera esclusivamente alla fonte del Vero Metallo: i Judas Priest sono forse stati la band più influente di sempre per quello che è l'heavy metal agli occhi – e alle orecchie – di tutti. Pelle e borchie? Flying V? Tappeti di doppia cassa? Acuti sovrumani? Harley-Davidson sul palco? JUDAS PRIEST! I Priest hanno sintetizzato la lezione dei loro immediati predecessori (Black Sabbath su tutti, senza dimenticare canzoni proto metal come la 'Communication Breakdown' dei Led Zeppelin o la venerazione di Halford per i Queen) e l'hanno trasformata in qualcosa che influenzerà, nel bene e nel male, migliaia di altre band. Prodotto dalla strana coppia Tom Allom e Andy Sneap (produttore storico della band il primo, legato a dischi più recenti di Megadeth, Accept e Opeth il secondo) questo 'Firepower' è più o meno quello che speravamo: un album che riesce efficacemente a ricatturare, più nello spirito che nella copia calligrafica, il sound classico della band. E se la voce di Rob Halford ha perso qualcosa sul registro più acuto (lontani i folgoranti salti di ottava del repertorio anni '70 o la brutale aggressione vocale di una 'Screaming for Vengeance' o una 'Painkiller') di certo ne è rimasta immutata l'immensa capacità interpretativa, al servizio di canzoni valide e stilisticamente variegate – dall'aggressiva title track alla ballata con echi Osbourniani 'Sea of Red', passando per la più radiofonica 'No Surrender'. Visto il recente abbandono dello storico chitarrista Glenn Tipton (sostituito in sede live proprio dal produttore Andy Sneap) questo potrebbe essere l'ultimo album in studio dei Priest: francamente poteva andarci (molto) peggio.
L'angolo dei Ciardellis:
Spronato dal successo dei Black River Delta (in negozio fioccano le prenotazioni del loro back catalogue) l'impavido M.C. ha dedicato la sua attenzione ad un gruppo ancora più esotico: i libanesi (!) Wanton Bishops. Artefici di un buon album di rock blues ('Sleep with the lights on' del 2012, in grado di abbinare a una voce rauca ed espressiva efficaci interventi di armonica e un ossessivo strumming di chitarra) il duo di Beirut ha deciso di rendere più originale la sua proposta con l'EP 'Nowhere Everywhere' (2016), contaminato da sintetizzatori e riff vagamente orientali. Provate!
Il disco brutto della settimana:
Chi mi conosce sa che sono un fan sfegatato dell'unico vero gruppo di bubblegum italiano: i mai troppo lodati Nuovi Angeli! Questo non vuol dire che io accetti acriticamente tutta la loro produzione artistica. Sfortunatamente nemmeno io riesco a digerire un brano come 'Puà' (1984), tardo tentativo di cavalcare il filone italo-disco, con tanto di ultima strofa cantata dal robot/marziano. Anche se, risentendola bene...
Alla prossima puntata.
Dario
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