Musica italiana

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Qualcuno se li ricorda ancora, ad aprire i concerti dei ben più fortunati Bms e Pfm, all'Alcione di Genova.  Erano una forza della natura, una specie di versione anfetaminica e potenziata dei Genesis di Peter Gabriel, col gradiente aggiunto di un “corpo” di suono che faceva pensare anche ai Gentle Giant. Erano gli Acqua Fragile. Tant'è che quando i Genesis persero Peter Gabriel Bernardo Lanzetti fu in predicato per sostituire quell'ugola talentuosa inimitabile. Invece Lanzetti diventò il poderoso vocalist della Pfm di Chocolate Kings, ed iniziò tutta un'altra storia. Gli Acqua Fragile sparirono, Lanzetti iniziò una carriera solistica bella e difficile, con dischi che sarebbero tutti da recuperare. E ora arriva la reunion con i membri originali, e tornano gli Acqua Fragile. Dimenticatevi le trappole della nostalgia, il callligrafismo, le stanche riproposizioni che affliggono il mercato. Questi sono quelli veri, e suonano più potenti, versatili e ispirati che mai. E questo è il grande progressive rock in salsa italiana. Diffidate dalle imitazioni. (Guido Festinese)

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Bello che, a volte, sempre più sporadicamente, qualcuno nel mondo della musica sappia entrare in ambiti smisurati, giganteschi, con la gentilezza felpata di chi sa di doversi muovere in punta di piedi. Vittorio Attanasio, organizzatore di eventi, chitarrista, e anche scrittore, ha lavorato diversi anni su questo progetto. Mai avendo in mente competizioni impossibili o meri calchi calligrafici. Semplicemente “rendendo omaggio”. E rendere omaggio qui significa prendere in considerazione l'intero canzoniere di Faber in genovese, dunque anche brani non compresi in Crêuza de mä (in tutto, notoriamente, dieci canzoni svettanti e provare a ricantarli e riarrangiarli con un gruppo tanto valido quanto, di nuovo, poco appariscente. I Crêuza de sä ensemble. Oltre ad Attanasio, voce solista, ci sono Fabrizio Cosmi alle chitarre, Dea De Logu voce e percussioni, Marco Fuliano alla batteria, Daniele Pinceti al basso, Daniela Piras vocalist e flautista, Luca Terzolo alle tastiere. Un piccolo colpo da maestro è stato quello di avere in studio ospiti Giorgio Cordini al bouzouki e Mario Arcari allo Shannaj: gente che fu sui palchi e in studio con Fabrizio De André. Ad aggiungere un ulteriore tocco di freschezza. Sarebbe piaciuto, all'uomo delle “mulattiere di mare”. (Guido Festinese)

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MANDOL'IN PROGRESS - The Dark Side of the Mandolin

A volte gli strani dischi sono assai meno bizzarri di quanto possa apparire, cioè, scremato il sospetto che si cerchi facile meraviglia, appena sotto la superficie appare una polpa spessa. Cosa che succede con i Mandol'In Progress. Poche semplici frasi, nel libretto, per dire che un paio di generazioni di ascoltatori hanno nel loro Dna un disco che, da solo, potrebbe essere la summa del rock progressivo e psichedelico del Novecento: Dark Side of The Moon. Neppure l'imponenza delle cifre di vendita e la diffusione capillare in ogni discoteca personale del mondo riescono ad abbattere il semplice mistero di quel lavoro sul tempo e sull'alienazione che sfida, appunto, ogni tempo possibile. E allora si sarà compreso che il gruppo qui in azione, con mandolino, mandoloncello e mandola paga il proprio personalissimo pegno d'amore floydiano: rifare Dark Side of the Moon dalla prima nota all'ultima utilizzando solo plettri e corde in genere confinati nel “folk”. Funziona? Ascoltare per credere. (Guido Festinese)

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CLASSICA ORCHESTRA  AFROBEAT - Polyphonie

Teoricamente dovrebbe essere un ircocervo, uno di quegli animali mitologici che proprio non possono esistere. L'animale musicale ircocervico sarebbe la Classica orchestra Afrobeat ideata e diretta da Marco Zanotti. Che mette assieme fagotti, oboi, archi ed altri pregevoli attrezzi per la musica molto “occidentali” con congas, shekerè, djembe, balafon, darbouka, e quanti altri attrezzi vogliate ritrovare da percuotere con gusto nel Continente africano. Ovviamente gli ircocefali in musica in realtà esistono, si trovano piuttosto bene, e godono di ottima salute: perché lanciare ponti tra sponde musicali complementari è in realtà non solo possibile, ma decisamente necessario. Ascoltare per credere. Qui, al terzo disco, in Polyphonie Zanotti è andata a caccia delle note della comunità musicale più antica e saggia del pianeta, quella dei pigmei, che peraltro sono gli inventori della polifonia e del canto in stile yodel: voce solista affidata al grandissimo Njamy Sitson, dal Camerun, un miracolo di suadente potenza e duttilità, e via con brani che si intitolano Lo spirito della foresta, Jouer pour la terre, Neve: tutto rispettato, con grazia e gusto dell'incontro. (Guido Festinese)

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LUCILLA E LA VIE ON ROAD - Una per tutti

Da qualche tempo ormai c'è in giro in città una nuova generazione, intessuta di talento, voglia di fare, di esserci, coinvolgere, partecipare, colorare il grigio dei nostri asfalti e delle nostre vecchie facciate, nel pieno gioioso estemporaneo spirito di una ritrovata arte di strada. Sono probabilmente i figli di quei cinquantenni che a quindici/vent'anni ascoltavano Hendrix e Janis Joplin, Creedence e Jefferson Airplane, Tim Buckley e Van Morrison. Ne sono un'autorevole rappresentanza i genovesi Lucilla e La Vie On Road, un fresco entusiasmante condensato di colto e al contempo radiofonico classic rock, screziato di blues, soul, folk, canzone d'autore, magari vagamente jazzata, e qualche elegante melodia pop dagli orecchiabili intelligenti refrain (anche se è più dal vivo che ci si rende conto di tutto questo). Ascoltatela la giovane Lucilla Meola, la Grace Slick della Genova medioevale o degli acciottolati sciatti poetici arenili della Superba (ma è solo per lanciare una suggestione: alla francese, per esempio, forse più paradossalmente una Juliette Gréco che un'Édith Piaf), ascoltiamola: voce rock e pop tra le più belle e intense (anche se un filo acerba ancora), intrisa di vita, sensualità, grinta e grazia, groove e piglio, delicatezza e ribelle riottosità, dalla straripante, spesso commovente, comunicativa. Ad accompagnarla è in primis un geniale (crediamo addirittura autodidatta) talento della chitarra rock (ma anche Lucilla è in gamba e perfettamente autonoma con l'acustica tra le braccia, e anzi è proprio così, quando fa l'americana, che va ascoltata le prime volte), con il quale Lucilla ha inizialmente cominciato in duo: stiamo parlando del sorprendente Rodolfo Bignardi, davvero padrone del linguaggio rock applicato alla sei corde elettrica, un fuoriclasse insomma (e ancora in erba per giunta), che forse ha solo bisogno di allontanarsi un po' di più da certe formule, per trovare una propria definitiva indipendenza stilistica. Ad affiancarli, per completare così il quartetto (perché oggi, salvo ospiti, di quartetto si tratta), ci pensano gli ottimi e dinamici Daniele Ferrari al basso e Francesco Milanolo alla batteria. Il loro è un rotondo compiuto avvincente affiatato sound (il vero grande parametro della popular music), dagli avvolgenti echi "antichi", e però intimamente attuale, capace di raccontare il presente e il suo arrancante quotidiano, grazie anche ad una serie di brillanti composizioni originali. Questo "Una per tutti", forse in riferimento a Lucilla e alla sua contagiante umanità, è la loro prima testimonianza discografica, da poco finalmente data alle stampe: un piccolo "vademecum" indispensabile a tenere buona compagnia fino al prossimo inaspettato incontro "sulla strada". Al suo interno brani come "Dal Treno", toccante omaggio ad una città di mare chiusa, impervia, grigia, e però bellissima (difficilmente abbandonabile), o "Ti Troverò", canzone dell'amore immaginario e ipotetico (quello per cui si vive e si va avanti), lasciano proprio il segno (ma del resto non solo). Promesse o predestinati, con per altro ampi imprevedibili margini di miglioramento (o quanto meno glielo auguriamo in questo paese solo per vecchi oppure per nessuno). (Marco Maiocco)

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ROBERTA GIALLO - L'oscurità di Guillaume

Quest'anno, a pre-selezionare i giovani talenti della canzone d'autore giovane nelle più diverse declinazioni stilistiche, la commissione del Premio Bindi ha chiamato Zibba, uno che di fresche energie d'autore se ne intende, e quello stesso premio ha vinto, anni fa. Dalle preselezioni è emersa una rosa ristretta, ed alla fine è spuntato fuori il nome: Roberta Giallo. Che merita appieno una vetrina e qualche orecchio di riguardo da parte di tutti. Anche di chi crede che la contemporaneità sia fatta solo di filastrocche rap e pedisseque imitazioni dei “grandi che furono”. Roberta Giallo da Senigallia, invece, è un'altra cosa. Ha una voce che, quando vuole, può prendere picchi acrobatici e cambiare di registro in una frazione di secondo, tra diaframma e testa. Ha ironia e autoironia a fiotti, non ha paura di mettersi a nudo con parole schiette e ben scelte, ma evitando sempre la solitaria contemplazione del proprio ombelico. Ha energia, talento, e un tocco maliardo nello scrivere e interpretare che farebbe pensare a una nostrana Kate Bush in piena crisi ottimista. Non poco, no? (Guido Festinese)

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