Musica italiana

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BOBBY SOUL - L'insostenibile leggerezza del funk

Parte la pulsazione morbida e carnosa di Donna davanzale, ed è subito centro. La voce di Bobby Soul sembra sfiorare il testo, cercando di contenere un'energia che rischia di deragliare, tanto è costretta: tant'è che il tutto va davvero a deflagrare nella botta incattivita di funk che arriva subito dopo, Mi muove, e sembra, quasi quasi, di ascoltare un pezzo dimenticato dei gloriosi Blindosbarra. E' un Bobby Soul perfettamente lucido e in equilibrio, si sarà capito, quello che ha dato alle stampe un lavoro, che, rovesciando la citazione iniziale, si potrebbe anche definire la sostenibile pesantezza (e godibilità estrema) di chi sa danzare sul pentagramma più nero e faticoso che ci sia. Gli anni hanno portato qualche avvitamento malinconico, e non poteva essere altrimenti: i calendari si sgranano per tutti. Ma anche belle innaffiate di ligustico sarcasmo (Appena mi pagano), e un mestiere che gli può far fare qualsiasi cosa. In libera declinazione funk: vedi alla voce incredibile della versione del Don Giovanni di Battisti. Fender Rhodes a ricamare qui e là tra fiati e corde, un tono più da balladeur ritmico che da puro e crudo e filologo del verbo black. Partecipano La Decima Vittima, James & Black, i Belli Fulminati nel Bosco, e tanti altri amici: efficaci come serve. (Guido Festinese)

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LE CANZONI DA MARCIAPIEDE – Un circo di paese

Le Canzoni Da Marciapiede, ovvero il duo formato da Valentina Pira e Andrea Belmonte, torna con un nuovo disco, dopo ‘Al Pranzo di Nozze’, l’apprezzato debutto del 2011 premiato in importanti rassegne. Il progetto è stato finanziato da un fortunato crowdfunding, modalità ormai consolidata per mantenere il controllo artistico. Questa volta il duo spezzino, Valentina alla voce, Andrea al pianoforte, si è circondato di un folto gruppo di musicisti per  creare arrangiamenti con  fiati, archi e percussioni da ‘banda’. ‘Un Circo di Paese’, fin dal titolo, mostra la volontà di seguire un concetto, una storia:  il circo che arriva in paese con i suoi personaggi (la trapezista, il lanciatore di coltelli, il pagliaccio, l’inserviente…), gli animali (il leone, l’elefante…) ma soprattutto arrivano storie nuove che s’intrecciano con quelle degli spettatori, o con i loro desideri. Le Canzoni Da Marciapiede sono senza dubbio uno delle realtà più interessanti al momento, e il loro teatro-canzone, che ha radici nel cabaret tedesco e nella chanson realiste francese, è un genere piuttosto inesplorato dalle nostre parti  ma assai fecondo. Divertente cameo, nell’ ultimo brano, di Alice (la figlia di Andrea e Valentina) che canta ‘A zonzo’ brano tratto da un divertente episodio delle ‘comiche’ di Stanlio e Ollio. (Fausto Meirana)

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LUDOVICO EINAUDI - Taranta Project

Poteva sembrare poco più che una benevola ed innocua provocazione, una di quelle scelte che attirano perplessità e attizzano sarcasmi, ma alla fine i fatti dimostrarono che aveva ragione chi l'aveva fatta, quella scelta. La scelta di portare come maestro concertatore Ludovico Einaudi alla “Notte della Taranta”. Il compassato, un po' blasé signore delle melodie ai limiti di una cantabilità spoglia e “popular”, messo a confronto con la sferza delle tammorre. Andò tutto molto bene, invece, e qualche tempo dopo Einaudi ha riunito in studio una sorta di “accademia dell'eccellenza” delle note trance, popolari e folk dal Salento, ed oltre, riservandosi, lui, qualche tocco di pianoforte. Per capirsi: Cinzia Villani ed Enza Pagliara, giovanissime voci antiche, Antonio Castrignanò ed Emanuele Licci, Justin Adams e Juldeh Camara, Ballakè Sissokò e Mercan Dede. Risultato? Un flusso impetuoso, dolcissimo e motivato che non cerca filologia, e smuove cuore e cervello. Abballati! (Guido Festinese)

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MARIAN TRAPASSI - Bellavita

La scena autoriale è letteralmente stipata di bei talenti che meriterebbero ben altro che qualche finestrella di notorietà. Ad esempio la palermitana Marian Trapassi, da diversi anni attiva sulle scene musicali, prima con un  gruppo rock, poi da cantautrice. Bellavita/L'arancia e altri viaggi è un disco luminoso e godibilissimo, ben suonato, grazie anche ad oculata scelta degli accompagnatori, ben cantato, e pieno di idee. Lei scrive con frizzante semplicità, ed anche la voce argentina e mai sopra le righe potrebbe avere la stessa definizione. La musica oscilla fra un folk rock ben strutturato (L'attesa potrebbe essere uscita da un disco dei Walkabouts), scampoli di swing senza passatismi, echi di tango, sorprese a tutto campo: il kabarett di Finimondo con citazione della The End morrisoniana. Gran bel lavoro, insomma. (Guido Festinese)

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PAOLO SPACCAMONTI - Rumors

Risulta difficile credere che Rumors sia solo il terzo disco solista di Paolo Spaccamonti, considerate quantità e costanza delle collaborazioni inanellate da Buone notizie (2011) in giù, che siano gli split con Stefano Pilia o Daniele Brusaschetto, le collaborazioni con artisti come Ben Chasny, i Masbedo o l'esordio del progetto Spaccamombu. Ma il nuovo lavoro, nel capitalizzare queste esperienze, trova altresì la molla per scavalcarle in quella che è l'opera più complessa e al contempo personale del chitarrista torinese: "non è facile per me spiegare questo disco, credo abbia a che fare con l'assenza e la disperazione, la malattia e il dubbio. Come la tenacia con cui a volte ci si alza dal letto per scansare la pazzia. Tutto il resto è brusio di fondo, chiacchiericcio, rumors...", riassume con un rimando al titolo del disco. Come del primo brano in scaletta peraltro, pezzo che muove da un pianoforte fino ad arrivare a orchestrazioni shoegaze e fra i più significativi del lotto, insieme alla liquidità del crescendo di Dead Set o la lenta destrutturazione elettronica del proprio suono di Fango. Il disco, che ospita tra gli altri Julia Kent e Bruno Dorella, è stato prodotto al Superbudda di Torino da Gup Alcaro e masterizzato al Basement di Roma da Teho Teardo.

CD in vendita da Disco Club a partire da mercoledì 22 aprile al prezzo di 11,90 €
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MAX MANFREDI - Dremong

“Perché ogni passaporto ha una ferita / ed è servito per parare un colpo / che era vibrato al cuore oppure al volto / e ha sfregiato la foto della vita”. Diciamoci la verità, quanti “cantautori”, in Italia, sanno scrivere una frase come questa? Il conteggio forse potrebbe assestarsi sulle dita di una mano. Ne trovate a decine, in Dremong, ultimo lavoro di Max Manfredi. Presentato da una magnifica copertina dipinta da Ugo Nespolo, e con uno scintillio di ospiti dal parterre strumentale genovese quasi esaustivo. Ad esempio: Marco Spiccio, Federico Bagnasco, Roberto Piga, Edmondo Romano, Filippo Gambetta.  In più, questa volta, ci sono i tocchi delicatamente “vintage” e prog delle tastiere della grande Elisa Montaldo, che evocano tempi di moog monofonici e arabeschi d'arpeggi. Ma Max Manfredi scrive canzoni asciutte e perfette, ormai, organismi talmente strutturati, pur nella vertigine di una fantasia da scrittore vero, che stanno in piedi comunque le ascoltiate. Che raccontano di orizzonti geografici immaginari, di amori lucenti o stropicciati, di pietre cittadine e profumi nel vento. Lasciarle in sottofondo è possibile, dunque, ma è quasi un peccato mortale. Per una volta che la sostanza è vera e nutriente, bene assaporare con tutta la calma del caso. (Guido Festinese)

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