Musica italiana

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ALMAMEGRETTA - Ennenne

Enneenne, e dunque “nescio nomen”, figlio di nessuno. Un bel titolo duro per il nuovo lavoro dei rinati Almamegretta, che però sono proprio tutt’altro che “figli di nessuno”. Sono invece gli inossidabili protagonisti di una stagione memorabile in cui anche dalle nostre parti aveva attecchito un tirip hop ipnotico, cadenzato, scuro come la notte. Ideale per dar conto di una metropoli del Sud impastoiata nel degrado feroce e vischioso di Gomorra, e  oltre. Non è più possibile, sicuramente, attendersi da Almamegretta qualcosa che possa rivaleggiare con dischi epocali di due decenni fa. Ma il ritorno in pianta stabile di una figura centrale e maestosa come Raiz è, mutatis mutandis, come se Roger Waters fosse tornato alla consolle dei Pink Floyd. Il valore aggiunto di quella voce di catrame e di miele assieme è immenso, nel far lievitare la polpa ritmica dub reggae tesa e rarefatta al contempo  marchio di fabbrica Almamegretta. E anche il ritorno alla produzione del grande Adrian Sherwood ha un gran peso. Parterre di ospiti notevole, da Carlo D’Angiò, veterano della Nuova Compagnia di Canto Popolare, in un brano che potrebbe essere uscito anche dalla penna di Enzo Avitabile, a Paolo Baldini e Adriano Viterbini. Ben tornati, davvero. (Guido Festinese)

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EZIO AICARDI - Volo Tributo a Raffaele Tuttofuoco

Nè il genovese Ezio Aicardi, nè Raffaele Tuttofuoco sono molto conosciuti, tant’è che sul web, il pozzo senza fondo della conoscenza dei giorni nostri, troviamo ben poco su di loro. ‘Volo’,  il disco in oggetto,  è un omaggio a Tuttofuoco, misconosciuto poeta e cantautore milanese, dalla carriera segnata dalle condizioni di salute che ne causarono la prematura scomparsa nel 1991. L’intento di Aicardi è di rendere visibile l’opera (o meglio, una sua parte) dell’artista che, nato nel 1945, condivise con alcuni suoi contemporanei, come Luigi Tenco e Herbert Pagani, le stesse fonti d’ispirazione, tra le quali, dominante, la ‘chanson’ francese’ incarnata soprattutto dal gigantesco Jacques Brel, ma anche, direi, il suo versante genovese in zona Umberto Bindi. Il progetto è ben riuscito, grazie anche ad un gruppo di ottimi musicisti come, tra gli altri, Marco Fadda, Bob Callero e Lucio Bardi. Buona la voce di Aicardi, caratterizzata da una leggera erre moscia che, in questo ambito , non guasta per niente. (Fausto Meirana)

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AFTERHOURS - Folfiri o Folfox

Mi ha davvero colpito il disco degli Afterhours....Li ho sempre odiati, con quelle chitarre mandate troppo liberamente 'a spasso' e quegli slogan da ribelli 14enni urlati come se non ci fosse un domani. E pensare che con quello stile, un disco con Claudia Schiffer in copertina ed accanto la scritta 'hai paura del buio?' hanno fatto parlare di se come del più grande gruppo rock italiano. Ma questo è veramente un capolavoro assoluto. E' un disco controverso (a dir poco), in cui Manuel Agnelli, a volte con parole da vero poeta a volte con un linguaggio più diretto, mette in discussione tutto il proprio Universo di Significato e, con esso, chi ne prende parte: si tocca il tema del rapporto di un musicista rock con dei fan che comprano ormai il suo album a scatola chiusa, gli atteggiamenti dei ribelli (e fa riferimento a se stesso in primis, secondo me) che ti fanno sentire, più che forte, onnipotente, perché senti di poter dominare il tuo destino e scampi il dolore che deriva dal pensare che certe cose te le devi costruire tu non agendo per contrapposizione e che pur cercando di costruire la vita ti può spazzare via in ogni momento. Sono cose che si sanno e che si dicono, e che si ripetono, ma prenderne coscienza veramente può cambiare la vita.

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CLAUDIA PASTORINO - Claudia

Un’accademia dell’eccellenza strumentale ligure (senza accademismi!) a fornire il vestito strumentale più bello per una grande signora della canzone d’autore genovese, una donna bella e libera che, fosse nata dall’altra parte dell’Oceano, oggi raccoglierebbe ben altre messe di riconoscimenti. Torna Claudia Pastorino con un disco che porta solo il suo nome, indizio di una semplicità che è epitome di grande forza interiore. I musicisti attorno sono Gianni Martini,  “Dado” Sezzi, Claudio De Mattei, Fabio Viale, Enrico Testa. E poi c’è lei, con le sue canzoni che parlano di angosce sottili e lacerti di bellezza ritrovati grazie alla musica, ai pensieri, a un’occhiata sincera scambiato con qualcuno, sia anche una delle sue amate creature a quattro zampe. Racconta Claudia a un certo punto: “Bisogna avere quarant’anni e questa Santa Misantropia / nel quotidiano alternare di nevrosi e euforia/ non faccio parte di nessun NOI, nessuno mi rappresenta / E soltanto nella Musica sono davvero contenta”. Meno male che la Musica se l’è presa: così a noi può restituirne frammenti incantati. E intelligenti, merce rara nella genia affetta spesso da contemplazione ossessiva del proprio ombelico. (Guido Festinese)

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MORGENGRUSS - Same

I Morgengruss – nome che i conoscitori dei Popol Vuh subito identificheranno – sono il progetto in chiave solista di Marco Paddeu (Demetra Sine Die e Sepvlcrvm). Questo primo capitolo, che esce per la volitiva e sempre ottima Taxi Driver di Genova, è un gioiello luminescente in sette tracce, con riverberi che paiono provenire dal profondo del cosmo e un intimismo lirico di rara intensità. Forza evocativa e suggestione spaziale sono le parole d'ordine del folk-drone di Morgengruss, un progetto coltissimo (tra le fonti di ispirazione, anche la poesia di William Butler Yeats). Escursioni floydiane prima maniera, fiati vagamente magmiani, arpeggi acustici e post-sludge di ascendenza Neurosis si candidano ad essere punti di riferimento per orientarsi nella galassia Morgengruss, dove atmosfera, suono e ricerca melodica – la prestazione vocale di Marco è sentitissima, sofferta – declinano trame senza tempo, che affondano le loro radici nell'ancestralità di certo kraut rock, per rileggerne schemi e retaggio in modo assolutamente libero, senza alcun vincolo di sorta, nella costante tensione verso la pura espressione timbrica: coinvolgente, sontuosa e tuttavia quotidiana. Fondamentale al riguardo l'uso fatto – sempre da Paddeu, coadiuvato da amici ed ospiti – del sintetizzatore Korg MS20. Pure l'artwork – fantascientifico ed esoterico, insieme – è stupendo, così come il corredo fotografico.

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VINICIO CAPOSSELA - Le Canzoni Della Cupa

Detto subito che Vinicio Capossela ci piaceva di più come cantautore più o meno tradizionale, all’incirca fino a Canzoni a Manovella (2000), per le sue chiare influenze (Conte, Waits, il folk balcanico) ma soprattutto per la forte, distintiva, personalità; negli ultimi quindici anni, invece, nei  pochi dischi di studio usciti (Ovunque proteggi, Da Solo, Marinai, Profeti e Balene) abbiamo assistito ad un progressivo acuminarsi della scrittura e degli arrangiamenti a scapito della già relativa facilità d’ascolto, fatte salve le deviazioni di Rebetiko Gymnastas e la produzione di La Banda della Posta.  Le Canzoni Della Cupa conferma il rigore del suo percorso artistico, offendo un monumentale opus (due ore di canzoni) che comprende un primo disco ‘Polvere’ registrato addirittura nel 2003 dedicato al repertorio della terra d’origine, l’alta Irpinia, e un secondo, ‘Ombra’ realizzato nel 2014, che consta perlopiù di brani che hanno a che fare con il demoni, fantasmi e tutto ciò che attiene al Male (la Cupa del titolo). Dei due episodi è quello ‘polveroso’ che convince maggiormente, almeno per chi apprezzi una sorta di ricerca folk aggiornata agli anni duemila, con contaminazioni anche azzardate come l’inserimento della fisarmonica tex-mex di Flaco Jimenez. Il lato ‘ombroso’ (termine anche ippico per ‘cavallo nervoso’) descrive  perfettamente le  canzoni della scaletta, indomabili e oscure, sempre pronte a deviare dal sentiero. Il disco necessita  di grande impegno e pazienza, magari leggendo prima le note del musicologo Franco Fabbri, e l’appetitosa lista dei partecipanti: Giovanna Marini, i Calexico, Howe Gelb dei Giant Sand, i Los Lobos, il fido Asso Stefana e i già citati  Banda della Posta e Jimenez. Disponibile anche in versione 4 LP. (Fausto Meirana)

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