Sembra incredibile, e non è solo questione di nostalgica “retromania”, ma di certe figure chiave della storia del rock sembra non importare nulla a nessuno, in questo paese, o se ne parla, per dirla con Goffredo Fofi, “da pochi a pochi”. Si considerino ad esempio gli Hawkwind, legittimi inventori della space rock in salsa albionica, con assortito parterre di minimali attrezzature elettroniche a sfarfallare sibili, echi, fruscii ed altre delizie da film di fantascienza di serie b su un solidissimo impianto hard prog, con tanto di chitarre in fiamme e ritmica da treno in corsa. Non se li fila nessuno, i più credano che la storia sia finita alla fine dei gloriosi Settanta del secolo scorso, e invece, udite udite, gli Hawkwind sono tuttora in piena e sfavillante attività, con qualcosa come centocinquanta dischi. Gli ultimi sono assai belli, ma se cercate nella sterminata discografia “live”, allora provate anche solo per curiosità a procurarvi questi imperioso Coded Languages. I Falchi del Cielo avevano appena pubblicato Choose Your Masques, un gran disco, e nel tour che fece seguito rientrò nei ranghi Nick Turner, facendo pure una bella comparsata il poeta-scrittore di fantascienza Michael Moorcock. Il concerto allo Hammersmith Odeon, restaurato utilizzando tutte le sorgenti sonore note, è una gran sferzata d’energia “space”. Salite a bordo, il viaggio è lungo, ne vale la pena. (Guido Festinese)