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NELLA TERRA DI TRISTANO
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NELLA TERRA DI TRISTANO Hot

Breve storia dei Lyonesse, band storica del folk revival

 ImageParigi all’inizio degli anni sessanta era lo sfondo di un romanzo che nessuno scriverà mai, era l’espressione di un volto umano che nessun pittore dipingerà. Troppo mutevole era il carattere della città per poterlo fissare su una pagina o una tela: ci sono momenti di allegria, nell’alba del mese di Giugno ma anche attimi di tristezza in certe sere di Dicembre. Per sfuggirli, ci si poteva recare in Boulevard Raspail. Là, era incoraggiante vedere le luci dell’American Center. Entrando, i visitatori avevano, ogni martedì sera, un’immagine ben precisa: quella di un uomo, sorridente e indaffarato, con dei fogli in mano. Quell’uomo era Lionel Rocheman e quei fogli contenevano la lista degli artisti che si erano iscritti al suo “hootenany”, uno spettacolo aperto cui chiunque poteva partecipare semplicemente presentandosi ad inizio di serata per inserirsi così nel programma. Ogni musicista avrebbe potuto eseguire al massimo due pezzi e Lionel agitava nervosamente in mano quei fogli per decidere quale sarebbe stato l’ordine migliore per lo spettacolo serale. Erano anni in cui la musica americana, sulla scia di Bob Dylan, Joan Baez et Hugues Aufray, andava per la maggiore. Va detto però che Lionel, un ebreo parigino, era un personaggio che non difettava di eclettismo: grazie alla sua iniziativa, sulla scena di questo American Center fecero il loro debutto artistico personaggi come il percussionista Guem, il vietnamita Tran Quan Hai o il bretone Alan Cochevelou Stivell. Si potrebbe dire che il ruolo di Rocheman non fosse molto dissimile da quello di Cesaroni al  Folkstudio di Roma.

Sempre a Parigi, nacque nel 1967 un primo folk club che si chiamava Traditional Mountain Sound. Si suonava essenzialmente musica americana, quella africana era praticamente sconosciuta; sempre più frequenti si facevano però le apparizioni di artisti francesi, come Marc Perrone. Uno dei frequentatori di questo ambiente era John Wright che, insieme a Catherine Perrier, diverrà il fondatore nel 1969 del “Le Bourdon”, il primo folk-club orientato decisamente alla riscoperta della musica e degli strumenti regionali francesi, a partire dal canto e dalla ghironda. E’ in questa cornice che iniziò la carriera artistica di Mireille Ben. La musica era entrata nel suo cuore quando, verso la metà degli anni sessanta, a soli 14 anni, andò ad assistere agli spettacoli dell’American Center insieme al fratello, anch’esso musicista. La sua non era una famiglia di musicisti per quanto, da giovane, sua mamma facesse parte di un coro classico. Il primo contatto con la musica popolare era avvenuto con la nonna poi, a scuola, la scuola francese, che ha sempre dato molta importanza a questa forma d’arte: basti pensare che a ogni alunno delle scuole elementari o medie veniva ad inizio anno consegnato un fascicolo, contenente dieci canzoni, che ognuno doveva imparare. In pratica si terminava il ciclo dell’obbligo, lungo nove anni, con almeno novanta canzoni nella mente. Canzoni che non mancavano di destare la curiosità di una giovane ragazza: queste musiche che evocavano un lontano passato, la stranezza di testi che raccontavano storie drammatiche con un posticcio lieto fine (frutto evidente di interventi censorei operati dalla chiesa nel corso dei secoli), tutto invitava alla riscoperta, alla conoscenza delle tradizioni.



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