Su cosa sia un capolavoro molte sono state le risposte, nel corso della storia. Vale anche per il mondo della popular music, che notoriamente è costruita a strati: più colti, meno colti, più sperimentali, più accattivanti. Un oggetto complesso da maneggiare. La definizione più felice è quella secondo cui un capolavoro è un oggetto che abita benissimo il presente, allunga le ife verso il passato, e proietta le antenne verso il futuro. C’è motivo di credere che questo quarto disco di Weyes Blood, cantautrice californiana, al secolo Natalie Mering, un giorno sarà ricordato come un piccolo capolavoro. Immaginate un tappeto avvolgente orchestrale a strati attorno alla voce malinconica della nostra, come amava fare Aaron Lightman, ad accompagnare canzoni incredibilmente oblique e sghembe, ma che stanno in piedi al primo ascolto. Poi sbuffi farfuglianti di sintetizzatori alla Grandaddy che introducono una nota vintage di petulanza. E un richiamo continuo, diretto a certi esperimenti beatlesiani e dei Beach Boys quando ancora il cervello di Brian Wilson girava a regime. Così funziona, quando, parafrasando il titolo, riaffiora il Titanic. (Guido Festinese)
Rock
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WEYES BLOOD - Titanic Rising
WEYES BLOOD - Titanic Rising
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WEYES BLOOD - Titanic Rising
2019-04-12 15:47:23
Guido Festinese
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