Questo è il primo album di una promettente band che si chiama Wire e che si intitola Wire. Da qui in poi, fosse vero, la recensione prenderebbe toni sensazionalistici, tipo: il futuro comincia da qui oppure se son rose fioriranno. Nix, gli Wire, tre su quattro, girano sui 60 anni, han cominciato nel 1977, questo è il loro 14° disco, in mezzo è successo di tutto. Della band originale manca solo Bruce Gilbert, sostituito da un lungocrinito giovine che non ne fa sentir la mancanza (anche se le perturbazioni noise che mancano, mancano), il cantato è tutto Colin Newman, basso e batteria Lewis e Grey. Semplicità. Immediatezza. Dono della sintesi. Né una nota di più né una di meno. Se un brano deve durare un minuto e rotti, in quella misura c'è tutto. Compiutezza. 11 brani che iniziano con le strutture geopop di Bloggin' e finiscono nell'incubo Harpooned. Misura. Futurismo del passato. Il casino è adesso, aspettare il prossimo visto che questo l'ho già consumato. (Marcello Valeri)