Squadra che vince non si cambia. O no? Certo che si cambia, se vi chiamate Daevid Allen, e da quasi mezzo secolo (!) siete alla guida di una bislacca navicella rock patafisica che parla di teiere volanti e gnomi alieni, con una miscela sonora unica che mette in conto psichedelica affilata e languori progressive, occasionali sciabolate elettriche e cosmiche derive guidate dalla “glissando guitar” del leader non leader. Sia come sia: Allen incredibilmente oggi è più vicino agli ottanta che ai settanta, e continua ad essere l'imprendibile fricchettone che è sempre stato. S’è lasciato alla spalle anche un tumore, ha rimesso insieme una band che conta sulle fresche energie di Kavus Torabi (Cardiacs, Knifeworld) e Fabio Golfetti (Violeta de Outono), più qualche nome già stabile. Non cambia, e per fortuna, ispirazione e freschezza del materiale, come nel precedente 2032, una seconda (terza, quarta?) giovinezza che recupera derive magmaticamente allucinate, trip da alcaloidi sciamanici, rumorini e rumoroni, filastrocche stranite, bizzarre e irresistibili al primo ascolto per la leggerezza fatata dei profili melodici. Insomma, un vero disco dei Gong. Che possono permettersi di essere se stessi anche in continue mutazioni da bruchi e crisalidi freak. (Guido Festinese)