Sono sempre più rari, i dischi attesi. Quelli di cui si parla in anticipo, quelli che chissà come saranno. Bloom fa parte della smunta categoria (come il Jack White di qualche settimana fa) ed è la consacrazione per il duo di Baltimora, cresciuto in profilo e capacità lungo i tre album precedenti. I Beach House fanno dream pop, per dirla breve, che non vuole dire pop da sogno: piuttosto, pop sognante. Melodie sospese su nebbie elettriche, qui anche un pochino elettroniche (Lazuli), con la voce di Victoria Legrand (gran nome) che volteggia sulle strofe, gonfie di suoni e circolari nella struttura. L'effetto è di grande impatto, anche per la scrittura diretta e la cura encomiabile nei suoni. Manca un pochino di avventura, dai pezzi di Bloom, quel senso di scoperta/trasgressione un tempo associato con la musica indipendente. Ma è una fisima da vecchio. (Marco Sideri)