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Rock Recensioni WIDESPREAD PANIC - Dirty Side Down
 

WIDESPREAD PANIC - Dirty Side Down WIDESPREAD PANIC - Dirty Side Down Hot

WIDESPREAD PANIC - Dirty Side Down

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Titolo
Dirty Side Down
Anno
Casa discografica

Undicesimo disco in studio, il primo inciso per la ATO Records, per questa navigata band di Athens (Georgia), da oltre vent'anni, insieme ai Gov't Mule, espressione del più maturo e convincente southern-rock in circolazione sulla scorta di gruppi leggendari come Allman Brothers e Lynyrd Skynyrd, ma non solo. E dire che il gruppo, dopo la morte nel 2002 per un grave male di Michael Houser, chitarrista solista e cofondatore con l'altro chitarrista cantante John Bell, ci ha impiegato un po' per ritrovare brillantezza e fiducia nei propri mezzi. Almeno fino all'arrivo nel 2006 di Jimmy Herring, oggi illuminato lead guitarist della formazione, interprete di un sapiente chitarrismo sospeso tra Duane Allman e Gerry Garcia. Ma è tutto il gruppo ad essere tornato ad antichi fasti, a partire dal tastierista John Hermann e dal bassista Dave Schools. Perché Dirty Side Down è davvero un corroborante, piacevole tuffo nella classicità del sound americano. Un lavoro decisamente più elaborato e strutturato rispetto a precedenti uscite, in cui spesso a prevalere era la vena live di una delle più implacabili jammin' band in attività.

Un aspetto che molte volte si è tradotto in una minor progettualità a favore di una maggiore impulsiva instintualità, certo non meno apprezzata. Qui invece una scrupolosa attenzione alla produzione del suono, al lavoro in studio, e soprattutto alla composizione, alla forma e alla struttura dei brani, è evidente fin dalla prima traccia Saint Ex, superba ballata capace di ricordare le ardite architetture dei Porcupine Tree in una versione più roots e solare. Ma è tutto l'album a segnalarsi per una spiccata qualità e solidità. Oltre a Saint Ex, a brillare sono la title track Dirty Sound Down, che immediatamente richiama le più celebri pagine dei Lynyrd Skynyrd; la dolente This Cruel Thing dello scomparso cantautore georgiano Vic Chesnutt, affezionato e compianto collaboratore della band; le ravvicinate Visiting Day e Clinic Cynic, quasi nuovi episodi di una ritrovata Marshall Tucker Band; la strumentale St. Louis, una parafrasi del linguaggio deadiano, che fa da introduzione alla vera gemma dell'intero album: Shot Up and Drive, sontuosa cavalcata tra le estetiche di Allman Brothers e Grateful Dead; e l'incalzante Jaded Tourist, che potrebbe essere un inedito di Street Survivors, salvo ricordare in un breve inciso i Little Feat di Lowell George. Un disco elegante, molto suonato, a tratti professorale, che si sviluppa per oltre un'ora e che una volta finito si ha immediatamente voglia di riascoltare. Considerevole. (Marco Maiocco)

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