L’avete, forse, letto nella recensione dei Deerhunter: il pezzo preferito del 2015 di B Obama è di K Lamar. È un peccato, quindi, che sul nostro sito “To Pimp A Butterfly” non sia stato recensito. Rimediamo, anche perché il disco (di marzo) rappresenta una sintesi di contemporaneità musicale di primo ordine. Si tratta, grossomodo, del recupero di suoni e modi cosmici e complessi, lontani dalla semplicità diretta di marca anni 60, caratteristica di buona parte dei revival recenti. Kendrick (e con lui altri musicisti, da Kamasi Washington agli Alabama Shake) incorpora nel proprio genere di riferimento (nel caso: hip hop) rimandi a sperimentazioni passate (Sly Stone, i tardi Temptations, certo jazz) portando il proprio linguaggio al limite del progressivo (in senso buono). Il suo disco è (in senso buono) un segno dei tempi; sign o’ the times, diceva Prince. (Marco Sideri)