Dischi belli ne escono a pacchi, oramai. Come conseguenza, i dischi belli sono diventati soliti: sono capaci (quasi) tutti a pubblicare un bel disco. Più rari sono i dischi interessanti che (però) spesso belli non sono. È il caso di questo lavoro di John Grant, voce e storia tra le più interessanti dell’ultimo scorcio di musica, che arriva dopo due dischi solidi a mischiare le carte e confondere il passaggio. I due dischi citati (più uno dal vivo) avevano una personalità forte e coerente; vivevano di un’idea (sempre grossomodo cantautorale) e in conseguenza si sviluppavano. Qui, invece, John si scatena e mette insieme ballate strappalacrime e funk sintetici da Prince bianco, citazioni bibliche con elenchi in lingua di scrittori russi, comparsate di livello (Tracey Thorn) e intimismo dolente. Un meraviglioso, imperfetto, guazzabuglio. (Marco Sideri)