Dopo la rottura con i Velvet Underground e il poco interessante lp omonimo d'esordio, Lou Reed (o più probabilmente la RCA) decise di affidare la produzione del nuovo disco a David Bowie, all'apice del successo con "Ziggy Stardust" e al suo chitarrista e arrangiatore Mick Ronson. Benché Bowie fosse un fan dei Velvet (e soprattutto di Wharol), i due erano, in ogni senso, agli antipodi; ma l’alchimia funzionò, liberando Reed dalla scura ombra del gruppo che lo aveva reso celebre. D’altra parte sia il titolo che quella sorta di Frankenstein effeminato in copertina, lasciavano più che presupporre una mutazione: e cambiamento fu, con "Vicious" dall’incessante, ma leggiadra chitarra di Ronson, con i coretti di “Andy's Chest” e con la felicità piccolo-borghese di "Perfect Day", una giorno solare in evidente contrapposizione all’underground degli esordi (benché ”Sunday morning” ne fosse in qualche modo un prodromo). E se "Hangin' Round" suona come un rock’n’roll primitivo, la raffinata ed elegante "Walk On The Wild Side" (con un testo di tagliente crudezza), conclusa da un chorus di dignitosa semplicità del sax baritono di Ronnie Ross, ne consacrerà definitivamente la popolarità.
Certo il glam affiora qua e là, in "Make Up", nell’insulsa "I'm So Free”, in “Satellite of love”, bowiana oltre ogni limite; ma sono pecche tutto sommato lievi, in un album comunque decisivo per la storia di Reed. Nella ristampa in cd aggiunti i demo, entrambi voce e chitarra, di "Hangin' Round", migliore dell’originale, e “Perfect day”, stonata e comunque perfetta e un promo dell’epoca come ghost track. (Danilo Di Termini)
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