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PATATELLISMI: ALFRED JARRY ED I SUOI DOPPI
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PATATELLISMI: ALFRED JARRY ED I SUOI DOPPI Hot

PATATELLISMI: ALFRED JARRY ED I SUOI DOPPI

ImageNon sarà propriamente un caso se le sue ossa non riposano in quel megastore di celebrità che è il Cimitero di Pere Lachaise a Parigi: che cosa c’entrava lui tra le lapidi di Hugo, Balzac e Jim Morrison?

 

L’omino con gli occhi bistrati di nero e bombetta ha preferito fluttuare, traboccante assenzio, come un dirigibile pubblicitario dell’intera sua opera tra i cieli di un paese che, come Tasaday (1), non esiste su nessuna carta geografica, scegliendo di abbassarsi liberando, in maniera assolutamente ubuesca, la propria aria ogniqualvolta l’orologio batta la venticinquesima ora.

 

Tutta la produzione, abbastanza esigua, di Alfred Jarry è tesa ad affermare l’esistenza drammaturgica dell’improbabile, a dimostrare, attraverso l’applicazione della patafisica (2), l’esistenza assoluta ed imprescindibile dell’assurdo: il suo teatro è stato mammella rigonfia per Eugene Ionesco ma anche per le mimiche elucubrazioni di Jean Louis Barrault, ha profuso aromi etilici su Genet ed Artaud e si è spinto, sino ad oggi, in maniera aereostatica tra ventraglie e Phinanze: benvenuti a Jarryville, occhio alla testa.

 

 

BREVE VITA DI UN CICLISTA MISOGINO


ImageChe la genet/ica non sia opinabile lo dimostra il fatto, ampiamente riportato dagli storici jarriani, che la bruttina Caroline, madre di Alfred e coniugata con un commesso viaggiatore (3) quando ormai nessuno sperava riuscisse a convolare a nozze a causa delle sue bizzarre attitudini , ammassa orpelli e travestimenti maschili, un'eredità che avrebbe trasmesso biologicamente invertita al figlio, con orrore e diletto dei pochi amici che in vita riuscì ad avere (anzi, spesso, a possedere…). Jarry nasce l’8 settembre 1873, ha già una sorella maggiore, Charlotte che sarà suo nume tutelare finchè il giovane scrittore glielo permetterà e dalle pagine del diario della medesima si evince già la passione per armi da fuoco, biciclette e grottesco che permea l’adolescenza del giovane Alfred.
Autore a tredici anni di un testo teatrale seminale per la sua opera scritto su 260 foglietti Jarry inizia ad essere, per i suoi professori e per i suoi compagni, un enigma vivente, un'inafferrabile sfinge a due ruote che osserva immobile il mondo studentesco e docente con la cifra della diversità che contraddistingue il genio e ponendo quesiti comportamentali che non preludono alla morte ma che spesso si trasformano, per i pari, in oblique punizioni corporali, con Masoch dietro l’angolo intento ad imparare la lezione.
Dalla sua propensione al grottesco campo di osservazione lo scrittore inizia a delineare, nel suo stato larvale di adolescente, la forma che intenderà prendere negli anni a venire e che, alla luce degli anni successivi, riconosceremo nei signori borghesi dipinti da Grosz (4): la sinistra e ridicola imponenza ventresca della sua più nota creazione/doppio, Pere Ubu, si affaccia sulla scena per divenire custodia del piccolo corpo di Jarry, il quale vi si rinchiuderà prima attraverso la scrittura e, non molto dopo, attraverso una vera e propria identificazione (pata)fisica.
Con l’invenzione straordinaria del personaggio di Ubu, te(a)tralogicamente scisso in: re, becco, sotto tiro ed incatenato, Jarry consegna la sua anima nera alle scene ed esprime la punta più nota della sua produzione in un tripudio di invenzioni linguistiche, neologismi e sublimi atrocità precorritrici dei tempi moderni.
In maniera recente e clintoniana, dietro il pavido Padre Ubu, agisce e determina i destini la Madre/moglie/maglio Ubu (e in questo personaggio, a scelta, possiamo individuare la madre stessa di Jarry, la sorella Charlotte e le povere infelici che, innamoratesi del misogino Alfred, lo mantenevano senza riceverne in cambio alcunchè), scaltra e, dal punto di vista fisico, esatto doppio del marito, vera anima nera dei complotti orditi dal meschino e poco regale figuro.
Jarry inverte (è proprio il caso dirlo) l’ordine naturale delle cose-persone e trasforma attraverso il suo occhio-scrittura la sostanza borghese dei suoi contemporanei in una pre-soap in cui i personaggi delle sue opere meno note rispetto alla Rabelaisiana (5) imponenza di Ubu disquisiscono su Eros, Thanatos, balocchi e profumi con la stessa lievità con cui si sottopongono ad inumani esperimenti pre Viagra di potenziamento. Nel frattempo la vita dello scrittore si divide in feroci passatempi linguistici, frequentazioni omofiliache (mai palesate in quanto atto fisico ma innegabili), dissolutezze compiute ai propri danni in nome di una ricerca di un tempo proustiano che trova nella scrittura un riscontro universale ed interiore senza uguale nei suoi contemporanei.
La radice sfrontata di Jarry precorre l’impeto che poi sarà futurista: il trattamento che riserva al linguaggio denota un netto rifiuto della comprensione immediata fine a se stessa che diviene invece immediata richiesta di assunzione dogmatica di detti e contraddetti, contrazioni tra l’orrore e il ridicolo.
Quando Alfred Jarry, ridotto in assoluta miseria come quasi tutti i veri grandi, muore il 29 ottobre 1907 a 34 anni (non prima di aver progettato un edificio-mausoleo dalle ridottissime dimensioni di 3,69 mt. x 3,69 mt. e dalla patafisica architettura, opera mai realizzata per mancanza di phinanze) i suoi resti ossei hanno il breve tempo di riposare nel cimitero di Bagneux per poi, sempre per problemi economici, essere ritirati e dispersi dalla sorella Charlotte in balia dell’aereostatica idealizzazione.
Tra le sue eredità terrene resta un processo per il mancato pagamento di una bicicletta.

Note :
(1) Tasaday è, per eccellenza, il paese che non c’è nonostante esistano carte geografiche e fotografie atte a dimostrane l’esistenza. In realtà trattasi di una vera e propria invenzione, un Loch Ness terraneo.
(2) Il termine patafisica viene coniato da Alfred Jarry per rappresentare scientificamente l’assurdo.
(3) Il matrimonio fu combinato per evitare che la madre di Jarry venisse internata . Jarry descrive il padre come :”un inutile ometto “ e questo la dice lunga sul peso e sul ruolo familiare del novello Giuseppe.
(4) Georg Grosz era noto per dipingere la borghesia dell’epoca come maiali antropomorfi.
(5) Rabelais , autore di “Gargantua e Pantgruel” si può considerare, a ragione, uno dei padri spirituali di Jarry.



ATTRAVERSO LO SPECCHIO DELLE SUE BRAME




Che la sadica passione con cui Jarry sottoponesse alcuni compagni di studio ad un simbolico decervellamento (6) attraverso l’uso di bendaggio, muri e carote fosse un chiaro segnale di comportamenti provocanti e provocatori non è mistero: la metafora del decervellamento risponde all’esigenza dello scrittore di mettere a nudo le convenzioni borghesi proprie della sua e, ancor oggi, della nostra epoca e l’estirpazione macchinosa della grigia materia preclude un’immissione di nuovi concetti, attraverso una morte simbolica del pensiero razionale per lasciare il posto ai dogmi dell’assurdo propri della Patafisica.
Jarry passa la propria esistenza attraverso un setaccio che screma la sostanza e la trasforma in assunzione dell'apparenza quale status unico dell'essere: egli diviene la propria creatura, atto unico di una partenogenesi letteraria che avrebbe, nel futuro prossimo venturo, creato maschere cinematografiche e musicali in cui il personaggio-fiction diveniva automaticamente l’identificazione unica del suo inteprete (si pensi allo Ziggy Stardust Bowiano o al Norman Bates di Anthony Perkins (7), tanto per fare due esempi lampanti). ImageSe Ubu è grasso, tremebondo di fronte alla forza e smargiasso d’ innanzi alla debolezza, Jarry si ritrae, allo stesso modo, dal mondo femminile che non costituisca per lui fonte di sostentamento e si accompagna con amicizie maschili passive e sottomesse : l’aspetto dell’autore, grazie anche ad abbondanti assunzioni di assenzio, muta e si trasforma nella custodia-Ubu , Jarry esce allo scoperto e si mostra non più come l’Alfred ciclofilo e armigero ma come il Padre decervellatore, armato di uncino e phinanza (mascherati da bastone da passeggio) e con il tono grottesco e parodistico della maschera che annullano, per un pubblico–verità, la voce reale dell’uomo scrittore.
L’affermazione “…l’amore è un atto che non ha nessuna importanza proprio perché lo si ripetere all’infinito” che Jarry mette in bocca a Marcueil, personaggio principale del “Supermaschio”, tradotto teatralmente in “Questione di misura” (operina che merita per la sua attualità una riscoperta da parte del cosidetto teatro colto che predilige ripetere il canone Ubu all’infinito…) riassume il concetto oltranzista e oltraggioso della poetica Jarriana e si impone come un concetto che poco riscontro trova invece nelle assolute ripetizioni a cui assistiamo nel campo della cultura, ripetizioni pedisseque di strofe, immagini e suoni che impongono alla creatività il freno della commercializzazione: quanti artisti alla prima opera invenduta possono ripetere l’esperimento?
Note :
(6) Il Decervellamento avviene grazie ad una complicata macchina rotatoria che estrapola la materia grigia del malcapitato : simbolicamente Jarry otteneva con i propri pari lo stesso effetto bendandoli e spiaccicando vicino al loro orecchio una corta contro il muro.
(7) Anthony Perkins rimase “schiavo” del personaggio di Psycho, Norman Bates , sino alla fine dei suoi giorni, molto più di quanto non sia successo al Bond di Connery o all’Indiana Jones di Harrison Ford.


DENTRO UBU



Chissà se la riscoperta di Jarry dovuta, in casa nostra, al teatro più avanguardistico dei primi anni ’70 fino ad oggi, è consapevole dell’esistenza di artisti che, in un passato non ancora remoto, hanno costruito il proprio personale Ubu e ne sono divenuti vittime. La conformazione fisica di Ubu, testa a pera (guarda caso Pere Ubu…che, per chi non conosce la lingua francese…), un’immaginifica spirale inghiotti-tutto ed antifecondativa sulla ventraglia omnifagocitante è perfetta icona in cui riscontrare l’immagine dissoluta dell’ Artista consumato dal vizio (il gonfiore provocato da alcool e sostanze psicotrope), con alle spalle una Madre-Moglie-Manager pronta a spingerlo in qualsiasi periglio-performance ad ogni costo, con un esercito di pallidi Palotini disposti ad accettare ogni sua parola sino all’apparire di un nuovo Signore e Padrone.
Assunzione, quindi, di stili di vita mutuati dall’immagine che lo spettacolo offre della realtà ed alla mente appare una baffuta e paffuta figura che imperversò l’Italietta del ’50 e primi ’60 con in testa un cappello Borsalino, scarpe bicolore e zoo-suit (8): Fred Buscaglione.
Torinese, dotato di un fisico non propriamente adonico, Buscaglione, figura omaggiata ma tutt’ora non ancora beatificata, assume e riassume in sé i caratteri ubueschi principali: la voce trasformata in una parodia del gangsterismo americano filmico, l’aspetto esteriore trasformato dal provincialismo del dopoguerra in un costume da neoconquistati americanota esasperato (calzoni “troppo” larghi, tesa del cappello “troppo” estesa), il baffetto a coda di topo antitetico all’immagine del pelo labiale macho italiano di fronte ad un dandismo mutuato da Clark Gable, la brillantina delinquenziale di fronte al taglio di capelli all’Umberto, l’alcool dei superliquidi di fronte al buon bicchiere di vino, almeno uno a pasto come da prescrizione medica: tutto nell’immagine di Fred si coniuga con l’aspetto che Jarry assume nel momento in cui diventa Ubu . L’abito fa il monaco ed il monaco fagocita l’uomo.
ImageLe canzoni di Buscaglione, delle quali si ricordano le più grottesche e caricaturali, descrivono un mondo contro, se l’autore trova il suo amore a Portofino, ridente località ligure contrapposta alla Miami dei sogni, è anche vero che il dritto di Chicago che si è laureato nel distretto di Sing Sing in maniera molto partenopea “…tiene o fascino latin”. Un rumore di piatti infranti annuncia che “…si sono rotti i Platters” e, in contrapposizione con il buonismo da colonizzato del contemporaneo ed assonante Carosone, i personaggi di Fred, spesso, muoiono.
Il sistema-spettacolo, all’inizio disorientato, identifica in Buscaglione un Brando di terz’ordine non intravedendone la carica eversiva, propedeutica all’avvento degli Urlatori e antitetica al Bel Canto italiota, la sottovaluta e ne tenta la dispersione attraverso passaggi televisivi e filmici (si ricorda qualcuno di “Noi duri”?) atti a rendere caricaturale il gangsterismo piemontese dell’ artista. Poco importa se la costruzione dei testi evade, letteralmente e metaforicamente, dal carcere di massima sicurezza che è il linguaggio canzonettistico del tempo: il pericolo Ubuesco di decervellare le nuove generazioni imprimendo un’immagine-male di, è il caso di dirlo, scanzonata guasconeria di fronte al bene-cantante-immobile-asta-micorofono viene così scongiurato dall’accettazione del corpo grosso ed estraneo nella nuova società in bianco e nero.
La catarsi personale di Buscaglione risente muta agli occhi del pubblico della canonizzazione e, prima di Dean e del mai dimenticato altro carattere linguisticamente Jarryano, Rino Gaetano, immola la propria carne tra le lamiere di un auto americana lanciata, come per sfondare in maniera futurista il muro di altri suoni, a massima velocità tra il rombare del motore e la densa liquidità del whiskey.
Spero che nessuno ricordi il patetico tentativo di ricordare Mr. Buscaglione facendone interpretare il personaggio al tinto Umberto Smaila…. Degni epigoni di Fred consegnati all’oblio (nel caso qualcuno volesse andarseli a riscoprire con succosa soddisfazione): Piero Trombetta, autore di un celebre “Kriminal Tango” coverizzato addirittura dalle Coconuts senza il Kid Creole, e Ritz Samaritano, recentemente ospite di scorribande by Elio & Le Storie Tese e tristemente scorto come finto partecipante alla trasmissione “per esperti di musica” Sarabanda (dove per altro è stato subitaneamente eliminato).
Nell’enorme ventre del Padre Ubu si anche adagiato il poeta/cantante/petrolinico Roberto “Freak” Antoni, leader e padre fondatore del demenziale cantato (o, perlomeno riscopritore del medesimo in quanto la nostra arte straripa di demenzialità più o meno velate…) che, in qualità di cantore degli Skiantos ha distorto gli anni di piombo attraverso un caleidoscopico occhio mutato ed ha irriso la schiuma del fricchettonismo dello stesso periodo diventando, a dispetto del nome-de plume, tutt’altro che un freak, bensì inventandosi poeta della scurrilità e dicitore di rime ad invito.
La sua personale versione di “I found my love in Portofino” appare in un cofanetto a nome di Astro Vitelli (nome che coniuga etera sideralità e concreti odori da stalla) e le parole vengono citate attraverso un distorsore che tanto sarebbe piaciuto a Jarry.
Per concludere sarebbe elusivo non citare il Vinicio Caposella di “Canzoni a Manovella” il quale, accantonata la passione per John Fante passa anch’egli da visioni di Chianti ad abluzioni di assenzio facendo assumere ai propri toni vocali megafoniche inflessioni degne del Padre Ubu ed omaggiando, attraverso una versione riveduta e corretta della “Canzone del Decervellamento” (di cui una versione era già stata registrata insieme a Paolo Rossi per lo spettacolo “Pop e Rebelot”) e la citazione “uncino e phinanza” la figura di Jarry: un a/rtista/utore con il (pata)phisique du role … (Marcello Valeri)

Note :
(8) Lo Zoo-Suit è stato l’abito per eccelenza della gente di colore di Harlem all’inizio degli anni ’40: per farsene un’idea riguardarsi il “Malcom X” di Spike Lee, soprattutto le prime scene, quelle che si ispirano ai black musical di quegli anni o le copertine di Kid Creole and The Coconuts, se non si possiede un videoregistratore…

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