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PATATELLISMI: ALFRED JARRY ED I SUOI DOPPI
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DENTRO UBU



Chissà se la riscoperta di Jarry dovuta, in casa nostra, al teatro più avanguardistico dei primi anni ’70 fino ad oggi, è consapevole dell’esistenza di artisti che, in un passato non ancora remoto, hanno costruito il proprio personale Ubu e ne sono divenuti vittime. La conformazione fisica di Ubu, testa a pera (guarda caso Pere Ubu…che, per chi non conosce la lingua francese…), un’immaginifica spirale inghiotti-tutto ed antifecondativa sulla ventraglia omnifagocitante è perfetta icona in cui riscontrare l’immagine dissoluta dell’ Artista consumato dal vizio (il gonfiore provocato da alcool e sostanze psicotrope), con alle spalle una Madre-Moglie-Manager pronta a spingerlo in qualsiasi periglio-performance ad ogni costo, con un esercito di pallidi Palotini disposti ad accettare ogni sua parola sino all’apparire di un nuovo Signore e Padrone.
Assunzione, quindi, di stili di vita mutuati dall’immagine che lo spettacolo offre della realtà ed alla mente appare una baffuta e paffuta figura che imperversò l’Italietta del ’50 e primi ’60 con in testa un cappello Borsalino, scarpe bicolore e zoo-suit (8): Fred Buscaglione.
Torinese, dotato di un fisico non propriamente adonico, Buscaglione, figura omaggiata ma tutt’ora non ancora beatificata, assume e riassume in sé i caratteri ubueschi principali: la voce trasformata in una parodia del gangsterismo americano filmico, l’aspetto esteriore trasformato dal provincialismo del dopoguerra in un costume da neoconquistati americanota esasperato (calzoni “troppo” larghi, tesa del cappello “troppo” estesa), il baffetto a coda di topo antitetico all’immagine del pelo labiale macho italiano di fronte ad un dandismo mutuato da Clark Gable, la brillantina delinquenziale di fronte al taglio di capelli all’Umberto, l’alcool dei superliquidi di fronte al buon bicchiere di vino, almeno uno a pasto come da prescrizione medica: tutto nell’immagine di Fred si coniuga con l’aspetto che Jarry assume nel momento in cui diventa Ubu . L’abito fa il monaco ed il monaco fagocita l’uomo.
ImageLe canzoni di Buscaglione, delle quali si ricordano le più grottesche e caricaturali, descrivono un mondo contro, se l’autore trova il suo amore a Portofino, ridente località ligure contrapposta alla Miami dei sogni, è anche vero che il dritto di Chicago che si è laureato nel distretto di Sing Sing in maniera molto partenopea “…tiene o fascino latin”. Un rumore di piatti infranti annuncia che “…si sono rotti i Platters” e, in contrapposizione con il buonismo da colonizzato del contemporaneo ed assonante Carosone, i personaggi di Fred, spesso, muoiono.
Il sistema-spettacolo, all’inizio disorientato, identifica in Buscaglione un Brando di terz’ordine non intravedendone la carica eversiva, propedeutica all’avvento degli Urlatori e antitetica al Bel Canto italiota, la sottovaluta e ne tenta la dispersione attraverso passaggi televisivi e filmici (si ricorda qualcuno di “Noi duri”?) atti a rendere caricaturale il gangsterismo piemontese dell’ artista. Poco importa se la costruzione dei testi evade, letteralmente e metaforicamente, dal carcere di massima sicurezza che è il linguaggio canzonettistico del tempo: il pericolo Ubuesco di decervellare le nuove generazioni imprimendo un’immagine-male di, è il caso di dirlo, scanzonata guasconeria di fronte al bene-cantante-immobile-asta-micorofono viene così scongiurato dall’accettazione del corpo grosso ed estraneo nella nuova società in bianco e nero.
La catarsi personale di Buscaglione risente muta agli occhi del pubblico della canonizzazione e, prima di Dean e del mai dimenticato altro carattere linguisticamente Jarryano, Rino Gaetano, immola la propria carne tra le lamiere di un auto americana lanciata, come per sfondare in maniera futurista il muro di altri suoni, a massima velocità tra il rombare del motore e la densa liquidità del whiskey.
Spero che nessuno ricordi il patetico tentativo di ricordare Mr. Buscaglione facendone interpretare il personaggio al tinto Umberto Smaila…. Degni epigoni di Fred consegnati all’oblio (nel caso qualcuno volesse andarseli a riscoprire con succosa soddisfazione): Piero Trombetta, autore di un celebre “Kriminal Tango” coverizzato addirittura dalle Coconuts senza il Kid Creole, e Ritz Samaritano, recentemente ospite di scorribande by Elio & Le Storie Tese e tristemente scorto come finto partecipante alla trasmissione “per esperti di musica” Sarabanda (dove per altro è stato subitaneamente eliminato).
Nell’enorme ventre del Padre Ubu si anche adagiato il poeta/cantante/petrolinico Roberto “Freak” Antoni, leader e padre fondatore del demenziale cantato (o, perlomeno riscopritore del medesimo in quanto la nostra arte straripa di demenzialità più o meno velate…) che, in qualità di cantore degli Skiantos ha distorto gli anni di piombo attraverso un caleidoscopico occhio mutato ed ha irriso la schiuma del fricchettonismo dello stesso periodo diventando, a dispetto del nome-de plume, tutt’altro che un freak, bensì inventandosi poeta della scurrilità e dicitore di rime ad invito.
La sua personale versione di “I found my love in Portofino” appare in un cofanetto a nome di Astro Vitelli (nome che coniuga etera sideralità e concreti odori da stalla) e le parole vengono citate attraverso un distorsore che tanto sarebbe piaciuto a Jarry.
Per concludere sarebbe elusivo non citare il Vinicio Caposella di “Canzoni a Manovella” il quale, accantonata la passione per John Fante passa anch’egli da visioni di Chianti ad abluzioni di assenzio facendo assumere ai propri toni vocali megafoniche inflessioni degne del Padre Ubu ed omaggiando, attraverso una versione riveduta e corretta della “Canzone del Decervellamento” (di cui una versione era già stata registrata insieme a Paolo Rossi per lo spettacolo “Pop e Rebelot”) e la citazione “uncino e phinanza” la figura di Jarry: un a/rtista/utore con il (pata)phisique du role … (Marcello Valeri)

Note :
(8) Lo Zoo-Suit è stato l’abito per eccelenza della gente di colore di Harlem all’inizio degli anni ’40: per farsene un’idea riguardarsi il “Malcom X” di Spike Lee, soprattutto le prime scene, quelle che si ispirano ai black musical di quegli anni o le copertine di Kid Creole and The Coconuts, se non si possiede un videoregistratore…

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