Jazz

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ImageWayne Shorter compirà settantadue anni il prossimo agosto. Eppure ha ancora voglia di girare il mondo alla testa di un gruppo e stupirci con la sua musica, fresca, vitale e straordinariamente attuale. Questo “Beyond the sound barrier”, seguito dell’acclamato “Footprints live”, lo vede al tenore ed al soprano insieme al suo abituale quartetto acustico (Danilo Perez al piano, John  Patitucci al basso, Brian Blade alla batteria).
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ImageNon sembra superfluo ribadire quanto sia ancora moderna la lezione del Davis elettrico degli ultimi dischi, forse anche troppo attuale a sentire i molti che ancor oggi ne riprendono sonorità e atmosfere. Anche questo “Blow” del trombettista Patches Stewart non sfugge alla regola, 

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ImageDiciassette sono gli album incisi da Joe Lovano per la Blue Note, alcuni riuscitissimi (il celebrato "From the soul", ma anche l'orchestrale "Rush hour"), altri meno, tutti contraddistinti dalla ricerca di nuovi compagni di strada e nuove atmosfere musicali. Dopo il successo del precedente "I'm all for you" Lovano riconferma invece il gruppo formato da Hank Jones al pianoforte, George Mraz al contrabbasso e Paul Motian alla batteria, una scelta che riflette il piacere di ricreare l'atmosfera di un incontro particolarmente fortunato.
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ImageLa San Francisco Jazz Organization è un’organizzazione attiva da più di vent’anni; nel febbraio 2004 ha affidato a Joshua Redman il compito di riunire un ottetto per rievocare la musica di un protagonista del jazz. Il sassofonista ha scelto l’Ornette Coleman dei primi tre fondamentali dischi e ha chiamato con sé Gil Goldstein per dirigere un gruppo in cui spiccano la tromba di Nicholas Payton e il potente pulsare ritmico di Bob Hurst.
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ImageCon il bassista Slawomir Kurkiewicz e il batterista Michail Miskiewicz, il pianista Marcin Wasilewski forma il “simple acoustic trio”, conosciuto dagli appassionati per essere il gruppo che accompagna il trombettista polacco Tomasz Stanko. In questo disco, inciso per Ecm, con tutto quello che significa in termini di estetica musicale, il Trio colloca le sue scelte all’interno di un minimalismo leggero, distillando al massimo le atmosfere come nella rallentata versione di “Hyperballad” di Bjork: una sorta di ‘jarrettismo’ molto rischioso e certamente poco originale se a proporlo non è il legittimo titolare.
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ImageSe già non conoscete Kurt Rosenwinkel, potrebbe bastare la lista dei musicisti coinvolti in questo “Deep song” a convincervi all’acquisto: Brad Mehldau al pianoforte, Larry Grenadier al basso e Joshua Redman al sax, nell’occasione anche co-produttore, sono infatti una sicurezza. Le aspettative non vanno certo deluse: nei dieci brani (otto dello stesso Rosenwinkel e due standard, “If i should i lose you” e il brano che dà titolo al disco) il giovane chitarrista ha modo dimostrare ampiamente la sua abilità e la padronanza tecnica dello strumento, fortunatamente limitandosi solo a sfiorare il virtuosismo.

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