Due anni di elaborazione del lutto. E se il lutto ha un nome e un cognome importante, nella storia del jazz, e per di più la persona era apprezzata e stimata da tutti, è un macigno che bloccherebbe le migliori energie. Passo dopo passo, canzone dopo canzone Josh Haden ce l'ha fatta a superare il tutto, e a costruire il nuovo disco degli Spain, il primo in cui non compare come ospite e consigliere Charlie Haden con il suo basso sontuoso. A volte per andare avanti bisogna sapersi guardare indietro, nelle orme che ci siamo lasciati alle spalle: e per Josh Haden sono quelle che aveva anche Charlie, le radici country senza né sdolcinatezze, né tentazioni regressive. Per cui, se aggiungete alla produzione e a un'infinità di (eccellenti) strumenti a corda dal veterano Kenny Lyon, il violino e la voce di Petra Haden, le percussioni gentili di Danny Frankel avrete pronto il quadro: canzoni semplici, sottilmente drammatiche e pienamente ascrivibili allo slowcore che costeggiano le medesime sponde country degli Yo La Tengo, lasciando un senso di dolcissima malinconia addosso. Senza un minuto di noia, però. (Guido Festinese)