In un mondo musicale dominato dalla superficialità degli ascolti, che ormai hanno il tempo d'attenzione di un clic sulla tastiera, e se quanto si afferra nei primi secondi non ha caratteristiche banalmente rassicuranti, tanto vale che si passi ad altro, i lavori di Barbara Rubin vanno difesi e diffusi come meritano: perché non sono merce deperibile, perché un ascolto distratto non è proprio possibile, con i suoi dischi. Che escono a intermittenze anche di molti anni, perché lo scadenzario lo detta l'ispirazione e la vita vera, non il mercato che ha bisogno di ninnoli ripetitivi. Barbara Rubin suona viola, violino, tastiere, chitarra, basso e batteria. E ha una voce stranita e affascinante che a molti potrebbe ricordare qualcosa di Kate Bush, un'idea di Joanna Newsom, un pizzico di Annie Haslam.
E' una donna che racchiude entro di sé la musica e la possibilità di farla vivere. Scrive brani che coinvolgono archi melodici classicheggianti potenti e lontani da ogni banalità, sontuosi e gentilmente malinconici senza mai essere stucchevoli, e testi che riflettono letture e pensieri su quelle letture decisamente meditati. Sa mettersi attorno musicisti sulla sua stessa (amplissima) lunghezza d'onda. Quindi, se mette in conto i Renaissance che furono e gli Iamthemorning di oggi, i No Man e Tim Bowness avrete buoni termini di riferimento per capire cosa andrete ad ascoltare. Quali che siano le vostre sonorità favorite, ne vale la pena. In cd, vinile e digitale. (Guido Festinese)