Il “Saxophone Colossus” di questa splendida raccolta è un ventisettenne che ha finalmente trovato il prioprio suono, all'inizio nell'ombra imponente di Coleman Hawkins, poi progressivamente sempre più in luce. Il tenore del ragazzo di New York è sotto i riflettori: e quando gli viene proposto di fare un tour sulla West Coast, lui approfitta dell'occasione per andare in studio con Ray Brown e Shelly Manne, una ritmica da sogno. E senza pianoforte a dar conforto armonico: dunque senza rete. Rollins porta in dono bizzarre canzoncine country ascoltate nei western, e se ne esce con il potente Way Out West, qui riproposto con alternate takes. Poi l'anno successivo, è la volta dell'imponente Freedom Suite: quasi venti minuti di indagine stentorea e meditata in ogni passaggio, e dove la “libertà” richiamata nel titolo non è solo quella musicale, il mondo sta cambiando, e anche l'America razzista. Poi il silenzio di qualche anno: il perfezionista Rollins s'è rimesso a studiare. Riemerge nel '62, e sononi frizzi “latin” di Bluesoso” e “Jungoso”. Un doppio cd che mette il punto e l' "a capo" per un colosso di fatto nella sua prima, sublime stagione. (Guido Festinese)