Gli orfani di Johnny Cash e di Leonard Cohen assieme, a caccia di quelle voci profonde e bluesy che sembrano impastate con la terra e la polvere con Tim Grimm hanno un bel punto di riferimento. Ha sulle spalle una decina circa di dischi, ma da quando si è messo in testa di fare tutto in casa, a Bloomington, Indiana, le cose hanno preso una bella accelerazione. I due figli al basso, chitarre e banjo, la moglie all’armonica e alle parti vocali di rinforzo, una scrittura che va a colpire dritto al cuore dell’Americana, quelle ballate trascinanti, lievemente oscure e malinconiche in cui ti sembra di riassaporare le pagine di John Steinbeck su un paese che non c’è quasi più, avvelenato dal truce machismo del miliardario col ciuffo biondo che si fa chiamare presidente.
Qui si parla di sogni infranti in un delirio di grandezza che schiaccia solo chi parte già svantaggiato, di necessità di salvare la terra da chi la considera solo luogo di rapina, e di molto altro ancora: le traduzioni in italiano, consueta scelta dell’Appaloosa aiuteranno anche chi mastica poco l’inglese. La parte musicale è eccellente, un equilibrio pressoché perfetto tra la formulaicità che “deve” avere questa musica per essere riconoscibile al primo ascolto, e una felicità di linee melodiche davvero affascinante. (Guido Festinese)