Un addio senza lacrime,un arrivederci sincero, con quello sguardo diretto che l’accompagna da settantasette anni. A dispetto di un fisico e di un volto che ne dichiara venti secchi di meno. Un paio d’anni fa Joan Baez ci regalò un doppio disco dal vivo in cui festeggiava i suoi settantacinque con tutti gli amici musicisti di sempre, o quasi. Adesso ha deciso che è ora di finirla con i tour massacranti, a differenza del suo amico di sempre ed ex compagno Bob Dylan, impegnato nel Neverending tour da un bel po’. Non appenderà la chitarra al chiodo, ha dichiarato: ci sarà sempre una buona causa da sostenere con la sua voce che ha perso poche stille della meravigliosa pienezza della gioventù, e ora viene dosata con saggia abilità. Questo pare che sarà la sua ultima incisione di studio, e la Baez ha scelto una dimensione semiacustica di una perfezione assoluta, ma mai algida.
Ci troverete un paio di cover sonanti dal canzoniere di Tom Watis, uno di Josh Ritter, uno di Antony & the Johnsons , e un gran colpo piazzato quando recupera, da un manoscritto del ‘700, un’amara riflessione sulla guerra. Di se stessa dice, alla settima traccia , di essere “the last leaf”, l’ultima foglia. Non è vero. Per nostra e sua fortuna. (Guido Festinese)