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AN EVENING WITH… DANDO SHAFT - Storia di un gruppo, quasi, dimenticato
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La carriera di Martin Jenkins fu molto densa. Martin era forse il più originale tra i musicisti dei Dando Shaft e possedeva uno stile particolarissimo.

Io lo amavo molto: un giorno, entrato da Disco Club per sfogliare le novità, vidi un disco tutto suo che mi guardava e che acquistai: si trattava di “Carry Your Smile” (Oblivion, 1984). Tornai a casa soddisfatto come tutte le volte che, prima ancora di averlo ascoltato, sentivo di avere con me qualcosa di importante. E quel disco era effettivamente e affettivamente un disco importante, lo ascolto ancor oggi in certe occasioni. Martin era accompagnato da Kevin Dempsey in quell’album, la collaborazione dei due, iniziata nei Dando Shaft, continuava. Jenkins dopo lo scioglimento del gruppo era entrato a far parte dei Plainsong, una formazione che comprendeva Iain Mathhews, Andy Roberts, Andy Richards e Bob Ronga: con loro incise il primo album “In Search of Amelia Earheart” che uscì nel 1976. Era l’anno in cui entrò a far parte della band del chitarrista, ex Pentangle, Bert Jansch, insieme al bassista Nigel Portman Smith che aveva suonato nei Magna Carta e con gli stessi Pentangle. Si chiamarono “Bert Jansch Conundrum”. Fu una collaborazione che durò cinque anni circa e che portò alla pubblicazione di “Thirteen Down” (Kicking Mule, 1981), un album in cui Jenkins svolse un ruolo importante: era autore degli arrangiamenti e suonava rispettivamente, violino, mandolino, mandoloncello, flauto. Di quel periodo rimane memorabile un tour scandinavo di cui si sono perse tutte le registrazioni ma rimangono, per fortuna, quelle di un tour giapponese di Jansch e Jenkins in duo. “Live At La Foret” (Muskrat, 2006).

 

 



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