I dischi belli e lievemente sconvolgenti sono rari. Rarissimi, forse. Questo è un disco splendido, e decisamente sconvolgente. Perché mette in conto talmente tanti apporti e soluzioni sonore che si rischia il giramento di testa. Proviamoci. Sean Noonan è un batterista e compositore che arriva dalla scena punk jazz newyorchese degli anni ’90. E’ un irlandese folle innamorato di Zappa e di ogni musica che non sia banale. Malcom Mooney è un’icona vivente: era il primo cantante dei Can, mezzo secolo fa, glorioso ensemble kraut rock dedito a musiche così aliene che ancora oggi sono all’avanguardia. Jamaaladeen Tacuma era il bassista elettrico dei Prime Time di Ornette Coleman, Ava Mendoza una chitarrista sperimentale californiana che ha lavorato con Nels Cline (Wilco, avant jazz vario), Alex Marcelo un tastierista aperto a ogni musica. Se sopravvivete ai primi due brani, che sembrano fatti apposto per sconcertare e mettere alla prova l'ascoltatore, sappiate che troverete ballate insostenibili per delicata fragranza e avvampanti fiammate elettriche alla Pixies, il ricordo di “Riders On the Storm” dei Doors e quello del Rock in Opposition che fu, echi di free jazz nudo e crudo, dei King Crimson più involuti, di Tim Buckley, e derive strumentali che tutto sfiorano, e da nessuna parte mettono radici. E ogni volta che entra la voce stropicciata di Mooney, il rischio del luccicone è lì in agguato. (Guido Festinese)