Com’è stato notato giustamente, e dunque si tratta di ribadire il concetto, il post rock va a nozze con le colonne sonore e la documentaristica più varia, dalle faccende che hanno a che fare con la natura alle più minacciose declinazioni apocalittiche macchinistiche. Ce l’ha nel Dna, la capacità descrittiva: il post rock è di per sé musica per film ch eci sono o che non ci saranno mai, come fu, troppi anni fa ormai, il sontuoso Manhole di Grace Slick. I Mogwai si sono già messi alla prova diverse volte con le colonne sonore, da Zidane. A 21st Century Portrait alle dolci e minacciose soluzioni escogitate per Les Revenants, dunque non sono dei novellini. E il risultato calza esattamente sulle aspettative, fatta la tara necessaria sugli elementi che qui ci devono essere per forza e per causa maggiore: Atomic: Living in Dread è un documentario di Mark Cousins su benefici (scarsi) e problemi enormi (molti) dell’arrivo dell’era dell’energia atomica. Qualcosa che peraltro aveva già affrontato, mutatis mutandis , il grande Steve Rothery in The Ghosts Of Pripyat. E Pripyat torna, qui, con gli spettri di Chernobyl. Dunque mettete in conto climax aggressivi - o insinuanti- e incombenti, fruscii sinistri e sinusoidi arrembanti di sintetizzatori, melodie che crescono come fiori di campo e diventano liane maligne, momenti di pura bizzarria kraut rock e dolcezze assortite. Né il nuovo album dei Mogwai, né una pura colonna sonora. Uno strano stare nel mezzo, che se usato in dosi controllate rientra a pieno titolo nelle esperienze ben riuscite del combo scozzese. (Guido Festinese)