Personaggi come gli U2, i Coldplay o Antonio Cassano si recensiscono con la scrittura automatica: un paio di consolidati luoghi comuni e ogni loro performance è commentata in un attimo. Mumford & Sons sono riusciti nell’impresa di raggiungere il medesimo status di ovvi e famosi in soli tre anni e due album. Vengono criticati aspramente, talora persino derisi, ma Marcus Mumford e i suoi compagni neppure se ne curano - hanno trasformato il banjo in uno strumento sexy e, grazie all’efficace strategia della semplicità campagnola applicata alle complicazioni cittadine. hanno venduto una caterva di dischi. Con tutto questo peso sovrastrutturale addosso, Babel è difficile da giudicare con serenità: se la scrittura è a tratti monocorde o di modesta articolazione, almeno un paio di pezzi (Reminder, Hopeless Wanderer) sono davvero coinvolgenti. Indiscutibile è invece il fatto che il folk del XXI secolo ha trovato le sue prime star generaliste. (Antonio Vivaldi)