Mentre Lou ci ammansisce il suo castigo metallico, per fortuna c'è ancora John Cale e alla faccia dell'età, sessantanove suonati, ci regala un ritorno pregnante e promettente. Si tratta infatti di un E.P. (che fa tanto anni '80) con cinque brani (una sua vecchia abitudine, lo aveva già fatto prima dell'opaco Hobosapiens) che anticipa il prossimo lavoro a lunga durata previsto per la primavera 2012. Inizia con Catastrofuk, introduzione acustica che richiama i Nirvana (!) per poi diventare un up tempo orecchiabile e persino, senza offesa, radiofonico. Si parte invece per la tangente con Whaddya Mean By That? sembra che Eno sia dietro l'angolo ma stavolta è solo Cale e nient'altro che Cale, liquida e deviatamente hawaiana. Con Hey Ray Cale richiama forse Sister Ray di velvetiana memoria? Macchè, qui il Ray del titolo, parole sue, lo fa impazzire su un tappeto slow e scuro, molto black dove le citazioni si sprecano. Pile a l'Heure è il capolavoro, si riprende il ritmo di Hey Ray per iniziare un viaggio che porta trasversalmente da Venus in Furs ai territori cari a Bowie. Con Perfection si chiude il cerchio, ancora qualcosa di misterioso, tranquillo ma cupo ed incombente. Sono entusiasta, lo si sarà capito, ma non riesco a smettere di ascoltarlo in questi tristi giorni monocromatici. (Marcello Valeri)
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