L’idea di muro morbido può sembrare un po’ scema anche quando di ‘muro del suono’ si tratti. E’ comunque un’immagine che balena quasi in automatico ascoltando Belong, secondo album dei Pains Of Being Pure at Heart. Prodotti da Flood, i cinque newyorchesi riescono da un lato a rendere più fluido rispetto al passato un corposo suono chitarristico che omaggia Ride e My Bloody Valentine e dall’altro a lustrare in chiave quasi pop le loro melodie gentili e riflessive (restano pressoché immutate invece le tempeste in bicchieri d’acqua raccontate nei testi). L’album ha suscitato non poco interesse e, come spesso accade in questi casi, i pareri sono stati a dir poco alterni: smidollato oppure poetico, noioso oppure emozionante e così via. In effetti tali aggettivi possono essere considerati tutti plausibili. Brani come Even in Dreams e Heart In Your Heartbreak evocano cuoricini e orsetti di pelouche facendoli sembrare oggetti non del tutto disdicevoli, mentre My Terrible Friend è furba senza dare l’idea di farlo apposta. D’altronde, quando si è puri di cuore, proprio questi sono i miracoli che riescono meglio. (Antonio Vivaldi)
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