Pochi giorni fa mi è capito di rivedere "Irina Palm". Vedere Marianne in quelle vesti goffe, appesantita, presenza/assenza che riempie uno schermo anche solo con lo sguardo...che nostalgia. Perchè Mick Jagger ancora salta come un grillo e la sua passata Musa, reduce anche da grave malanno, invece deve accontentarsi di una celebrazione filmica che ne ricorda l'eros palpitante nascondendolo dietro, parole sue, una vecchia carampana? E qui sta l'assunto del rock'n'roll: ascoltando Horses and High Heels sparisce l'icona Irina e ritorna, prepontemente sensuale, la Marianne Faithfull che ancora ci piace ricordare: nel disco, prodotto da quel Hal Willner a cui si devono tanti splendidi lavori, molti dei quali passati, ahimè, sotto silenzio, Marianne ci avvolge con quella voce, ripeto "quella" voce che ti racconta tutto il suo passato, gli strazi, gli eccessi, le gioie ed i dolori.
Co-firmato da eccellenti nomi più o meno noti (Dulli e Lanegan, ma anche Laurent Voulzy) e infarcito di cover personalizzate sino all'identificazione, Horses and High Heels aggiunge lustro sottraendo enfasi. E, nel caso ci fossimo distratti e non ricordassimo tutto ci pensa lei in Eternity ad omaggiare l'amato Brian Jones introducendo il brano con un campione dei suoi Pipes of Jujuka. E così come si incensano personaggi che tra qualche anno non ricorderemo più, sempiterno onore a Lady Marianne per quanto ancora ci sconcerta e commuove. (Marcello Valeri)