Marc Almond ha detto che questo sarà il suo ultimo album di canzoni come autore perchè la vena si è esaurita. Se questo corrisponderà a verità allora ci troveremo davanti a qualcuno che finalmente capisce quando è il momento di piantarla e si leva da piedi senza continuare ad emettere inutili supporti sonori (e se devo fare la lista di quelli che dovrebbero farlo non mi basta tutto il sito), se non sarà vero ci si aspetta che almeno si replichi quanto proposto da "Varietè" ovvero una summa dell'opera Almondiana che, udite udite, tutto cita meno che il passato elettropop, quindi chi cerca il pezzo dance si astenga, grazie.
Sedici canzoni che spaziano dalla torch song (e ce ne sono anche di parecchio valide) al cabaret, dalla canzone russa, recente amore di Almond, vedi anche due dischi di compositori russi da lui reinterpretati, a Brel, almeno nelle atmosfere. Insomma, dopo un album di cover che lasciava il tempo che trovava e un ulteriore omaggio alla composizione sovietica, Almond, ultracinquantenne, si mette di nuovo in gioco come autore affiancato da quel Neal X che da qualche anno lo accompagna e che fu ciuffuto chitarrista dei Sigue Sigue Sputnik, ma la cosa non devii il giudizio. Lui dice che questo è il suo canto del cigno (e ci scrive pure una canzone, Swan Song), io mi aspetto che prima o poi mi regali un altro Mother Fist che, per ora, resta nella mia personale Top di sempre. (Marcello Valeri)