La tecnologia, a volte, ha la meglio. Prendiamolo per buono, assumiamola per benefica come una nuova natura che l'uomo si è dato. Senza ricorrere ad Asimov si può ben supporre che chi ha inventato i campionatori e le ultime generazioni di marchingegni digitali lo abbia fatto imponendo loro di non farci del male. Ma, evidentemente, si sono dimenticati di inserire una clausola per evitare di diventarne schiavi in pochi minuti. Così è successo che fior di menti, americane perloppiù, hanno messo da parte gli amplificatori, come diceva qualcuno, in favore di più comode scatoline plasticose. Niente di male ma era, forse, ovvio che saremmo arrivati ad un punto dove le ripetizioni di Reich si sarebbero sommate alle elucubrazioni del connubio Fripp-Eno per rendere il revival digitale del mondo analogico post-Kraftwerk/E2:E4 una specie di dancehall del MIT. Lo prefigurava Lesser anni fa con uno dei titoli più belli dell'intera IDM, Mensa Dance Squad, ci siamo già passati ma ci siamo di nuovo dentro: drone digitali come se piovesse, ritmiche insistite e continue, neanche troppo nervose, niente breakcore, ma layer di suoni, voci tagliuzzate, sciamanismo di quarta mano, casse piuttosto dritte (che i sequencer più cheap non permettono di più), sfuriate di delay à la The Edge. I Growing veleggiavano alto sulla media dei loro pari (tutto il giro recente delle Carpark, tutta la chillwave, Gang Gang Dance, I.U.D. dei quali Sadie Laska entra qui in formazione insieme ai due membri fondatori...) e qui forse si sono involuti un po' sulla forma da clubbing alternativo, subendo l'influenza delle tendenze internazionali. Rimangono le melodie qui e là, la pompa ritmica insista, la qualità dei suoni e quella sorta di perenne senso di attesa che tanto caratterizza le nuove insofferenti generazioni. (Matteo Casari)
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