La bella copertina di Roberto Zizzo, tutta giocata sui toni ocra e rossastri delle foglie autunnali è già buon viatico per accostarsi a questo nuovo e atteso cd della Red Wine, che festeggia ben quattro decenni di musica, di concerti, di difficoltà, di risate, di piccole e grandi gioie e momenti in cui è stato necessario stringere i denti. Il sottotiolo di Carolina Red (il riferimento geografico è allo studio in legno nella foresta dove il gruppo è andato a registrare, dai fratelli Krüger) è vintage 1978: l’auto – includersi in una categoria di modernariato musicale sta a significare che la soglia di autoironia è assai alta, dunque l’anagrafe non conta più di tanto. Contano i fatti, e qui ce n’è a volontà, per ascoltatori senza pregiudizi e che amino la musaica a prescindere dai generi.
Difficile segnalare un brano sull’altro di un disco sorprendentemente compatto, per essere un viaggio in tredici stazioni che ogni volta rimanda a “soundscapes” diversi. Ad esempio troverete una versione semplice e efficace di American Girl, per rendere omaggio al grande cuore rock di Tom Petty, fermatosi troppo presto, e una della Canzone dell’amore perduto di Faber, costruita a sua volta su un largo telemanniano di struggente bellezza. Tre brani sono riservati alla bella penna di Shane Sullivan, un nome che torna spesso nelle storie e sui palchi della Red Wine, due a quella di Silvio Ferretti, che spazia tra aromi musicali gaelici e classicissima fattura bluegrass. Altri tributi necessari a Merle Haggard e Norman blake. Note aggiunte, in sala di registrazione, da Kathy Kallick alla voce e Jens Krüger al banjo. Impossibile mettere in discussione la classe esecutiva della Red Wine, che suoa compatta e filante come non mai, non solo per la rilassata padronanza dei propri mezzi espressivi di Coppo e Ferretti, veterani senza alcun complesso di passatismo, ma anche per la guizzante freschezza degli apporti di Marco Ferretti e Lucas Bellotti. (Guido Festinese)