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BRANSON - La capitale mondiale degli spettacoli musicali dal vivo
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Il fenomeno in assoluto più originale di Branson, anche per il kitsh dispensato in quantità industriale, si chiama Shoij Tabuchi.
A cominciare dal suo teatro: un tempio dell’inverosimile da 2000 posti, dove persino le toilette sono un’attrazione: marmi di Carrara e candelieri di cristallo, orchidee freschissime dalle signore, tavoli da biliardo di mogano e divani di pelle davanti a un vero caminetto dai signori. La storia di Shoij Tabuchi, nato in Giappone non si sa bene dove e quando, sembra un film. Da bambino inizia a studiare il violino, e negli anni Sessanta viene folgorato durante un concerto di Roy Acuff a Osaka dalla performance del fiddler Howdy Forrester. Forma un gruppo di bluegrass che si fa conoscere in Giappone, e nel 1967 emigra negli States atterrando a San Francisco con 600 dollari in tasca e un inglese poverissimo. Si inserisce subito con caparbietà nel giro dei club della Bay Area, conosce la moglie Mary Joe nel ristorante dove fa il cameriere e negli anni Settanta si trasferisce a Kansas City. Si fa notare anche a Nashville ed entra nell’entourage del potente promoter country Tillman Franks, da cui apprende le regole fondamentali del country star system. Suona con artisti del calibro di Johnny Cash, Loretta Lynn e Conway Twitty, e nel 1980 approda a Branson, chiamato dal connazionale Mike Ito, violinista dei Baldknobbers. E da quel momento, grazie anche alle notevoli capacità imprenditoriali della seconda moglie Dorothy, è un’escalation di successi. Lo Shoij Tabuchi Theater viene inaugurato nel 1990, e ininterrottamente, salvo una breve pausa tecnica a gennaio e febbraio, per 5 giorni la settimana fa da cornice ai tre spettacoli – matinee, pomeriggio e sera – che la compagnia Tabuchi mette in scena, riuscendo in due ore a far convivere country, gospel, cajun, musica hawaiana, balletti vegas-style, canti patriottici e rap. Anche se il culmine, da sempre, si raggiunge quando Shoij si scatena in una versione ad alta velocità di Orange Blossom Special, col pubblico in delirio.
ImageCon mia moglie siamo andati allo spettacolo serale, in una calda giornata di ottobre. La cassiera quando ha saputo che eravamo italiani è trasalita e ha preso nota. “Lo comunico a Shoij” – ha detto – “Forse vi ringrazierà nello show”. Shoij, impeccabile nel recitare la sua collaudatissima parte di showman, non lo ha fatto. Ma è stato comunque illuminante sapere che al più famoso spettacolo di Branson, “The Live Music Show Capital of the World”, quella sera eravamo gli unici stranieri. E questo ci ha fatto sentire un po’ speciali.
Gli scettici si interrogano sul futuro di Branson, soprattutto di questi tempi. La diversificazione dell’offerta è stata fino ad oggi il fattore vincente – tra l’altro c’è un entusiasmante negozio di cd, Country Music USA – che ha saputo contrastare soprattutto la concorrenza delle nuove Las Vegas del Midwest e del Sud, come Evansville nell’Indiana e Tunica nel Mississippi. Speriamo solo che, pur nella sua provincialità e nel suo kitsh autoreferente, Branson non si adegui all’andazzo, cominciando a innalzare orribili casinò fosforescenti, immuni da ogni crisi economica. Sarebbe un vero peccato. (Roberto Baggiani)




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