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BRANSON - La capitale mondiale degli spettacoli musicali dal vivo
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BRANSON - La capitale mondiale degli spettacoli musicali dal vivo Hot

Sconosciuta fuori dagli U.S.A., Branson, Missouri vanta un titolo ufficiale non da poco, quello di “capitale mondiale degli spettacoli musicali dal vivo”. Un titolo che i numeri confermano: oltre 40 teatri stabili con 60.000 posti – più di Broadway e Las Vegas insieme - 70 show musicali performati tutti i giorni per 10 mesi, 24.000 camere d’albergo, 350 ristoranti per servire 8 milioni di visitatori l’anno, una decina di immensi centri commerciali, due grandi parchi a tema, Silver Dollar City, dedicato alla vita dei pionieri, all’artigianato e alla musica, e The Sheperd Of The Hills, dove il famoso (in America) romanzo-saga è rappresentato in forma teatrale più sere a settimana.
ImageQuando s’imbocca l’autostrada da Springfield, Missouri, e ci si addentra nella bella regione collinare degli Ozarks verso Branson, comincia un impressionante bombardamento di cartelloni che pubblicizzano di tutto, dagli spettacoli ai ristoranti, dai campi da golf agli insediamenti abitativi per pensionati. L’aspettativa cresce miglia dopo miglia, anche se chi è un po’ navigato si prepara alla possibile delusione. Che però, in un certo senso, non arriva.
Intendiamoci, siamo entrati a Branson la sera, con le fantasiose insegne al neon della Highway 76 – la “strip” della cittadina che si presenta come una piccola Las Vegas - che sfilano ai lati dell’auto, il massimo della magia cinetica dell’America on-the-road. A mente fredda, dopo essersi rilassati e cominciando a orientarsi, non è difficile capire come funziona. Si vedono nei parcheggi dei grandi hotel decine e decine di bus che catapultano a Branson migliaia di pensionati e famigliole, e tutto infatti sembra un po’ fatto per la terza età e i bambini, a partire dagli orari degli spettacoli e dei ristoranti. Infatti, poco dopo le nove, si spengono le luci e tutti a nanna, tranne qualche immancabile desperado che vaga come un fantasma sulla strip. La mattina all’ora del breakfast emissari dei vari show visitano sistematicamente gli hotel per offrire a una clientela festaiola e sovreccitata sconti incredibili, e spesso si aggirano artisti che si autopromuovono improvvisando spettacolini.

Tutto è perfettamente organizzato ed efficiente, gli operatori sono gentili e professionali, gli spettacoli si possono prenotare direttamente online, la convenienza e varietà dell’offerta nei vari outlet è notevole, se si considera che le grandi città più vicine – Saint Louis, Tulsa e Memphis – sono tutte ad almeno mezza giornata di viaggio.
ImageMa in tutto ciò la musica c’entra qualcosa? Branson non è Austin, ma neppure Memphis o Nashville, New York o Seattle. E’ piuttosto una fantasyland a tema del Midwest, la regione degli U.S.A. più misteriosa per noi europei, ma sicuramente quella più “americana” nel profondo. E per gli appassionati di american music, quella vera, può essere un curioso divertissement, utile se non altro per comprendere quanto attorno alla musica popolare – country, folk e derivati - ruotino cultura, sottocultura e molto business a stelle e strisce.
Difficile dare consigli. Gli show, anche per via della lingua, sono un po’ ostici, in alcuni casi grotteschi, soprattutto le ultime produzioni dove imperversa il filone dei sosia, da Elvis ai Beatles a Johnny Cash. Spesso si tratta di vedere qualcuno, indubbiamente ottimo professionista, che riproduce miti del passato o addirittura del presente. Oppure onesti musicisti, come gli Oak Ridge Boys, che invece di proporre i loro brani performano per due ore tutti i successi degli Eagles, con sconcertante perfezione.
Come è nato tutto ciò?


ImageNel 1882 Rueben Branson apriva un general store nella contea di Taney, nel cuore della regione collinare degli Ozarks, un tripudio di boschi, fiumi e laghi a cavallo del Missouri e dell’Arkansas. Ai primi dell’Ottocento ci vivevano solo gruppi di Osage e Cherokee, mentre i coloni la evitavano, perché poco adatta all’agricoltura. Per la presenza di numerose grotte e nascondigli, gli Ozarks divennero una delle regioni preferite dalle bande di irregolari durante e dopo la Guerra Civile, tra cui i Baldknobbers, gruppo di “vigilantes” dediti per diversi anni a dispensare giustizia fai-da-te. Normalizzata la situazione nell’area all’inizio del Novecento, Branson diviene in pochi anni un importante centro dell’industria del legname e al tempo stesso vi fiorisce l’artigianato (mobilio, tessile, oggettistica), da quando arrivano negli Ozarks migliaia di coloni attratti dalle concessioni gratuite di lotti di terreno demaniale.
Nel 1907 viene pubblicato con enorme successo il romanzo “The Sheperd Of The Hills”, di Harold Bell Wright, saga di una famiglia di pionieri realmente vissuti nelle immediate vicinanze di Branson. E arrivano così i primi turisti. Nel 1912 Branson è una florida cittadina di 1200 anime, viene costruita la diga sul White River che forma il lago Taneycomo, che incrementa il richiamo turistico.
Ma il primo vero boom si verifica nel secondo Dopoguerra, quando affluiscono a Branson artisti, artigiani, e soprattutto ricchi pensionati e famiglie di reduci. Nel 1949 Steve Miller e Joe Todd realizzano una gigantesca scena dell’Adorazione sulla parete del Mount Branson, dominante il centro della città e il lago. La scena viene illuminata dalla notte del 1° dicembre, davanti a decine di migliaia di visitatori meravigliati a naso in su.

E’ nel 1959 che Branson inizia la sua conversione alla musica. Apre il primo teatro stabile e il primo show, il Baldknobbers Hillibilly Jamboree, dove i musicisti, padre, madre e un nugolo di figli, suonano strumenti primitivi come la washboard, il washtub bass e il jackass jawbone, percussione prodotta da mandibole di cervo. Nel 1960 la Presley Family (nulla a che fare con Elvis) inaugura il suo spettacolo, e per facilitare l’accesso dei turisti motorizzati alla città viene costruita a tempo di record un’autostrada veloce da Springfield, città del Missouri lungo la mitica Route 66. Negli anni Settanta aprono altri teatri lungo la Highway 76, a ovest del centro, destinata a diventare la congestionata e pirotecnica Strip che è oggi, mentre nei decenni successivi si afferma l’idea vincente di inversione dello schema: molti artisti non effettuano più turnè in lungo e in largo negli States, ma si concentrano a Branson ed è il pubblico che si muove. Cantanti country magari un po’ attempati, come Mel Tillis, Box Car Willie, Larry Gatlin, Mickey Gilley, Ray Stevens, Jim Stafford, Roy Clark, Moe Bandy, Charlie Pride, diventano punti di riferimento stabili, e l’offerta via via si arricchisce di spettacoli che fondono musical, commedia, illusionismo, religione e patriottismo e dei concerti degli artisti country di grido che si esibiscono in mega teatri come il Grand Palace.
E quando il fenomeno Branson è ormai una realtà, inizia una curiosa rivalità con Nashville: fu Mel Tillis a dichiarare: “Andate a Nashville e vedrete le ville delle star, venite a Branson e vedrete le star”, mentre da Nashville rispondevano: “Branson è una casa di riposo per star non più sulla breccia dell’onda”.


Il fenomeno in assoluto più originale di Branson, anche per il kitsh dispensato in quantità industriale, si chiama Shoij Tabuchi.
A cominciare dal suo teatro: un tempio dell’inverosimile da 2000 posti, dove persino le toilette sono un’attrazione: marmi di Carrara e candelieri di cristallo, orchidee freschissime dalle signore, tavoli da biliardo di mogano e divani di pelle davanti a un vero caminetto dai signori. La storia di Shoij Tabuchi, nato in Giappone non si sa bene dove e quando, sembra un film. Da bambino inizia a studiare il violino, e negli anni Sessanta viene folgorato durante un concerto di Roy Acuff a Osaka dalla performance del fiddler Howdy Forrester. Forma un gruppo di bluegrass che si fa conoscere in Giappone, e nel 1967 emigra negli States atterrando a San Francisco con 600 dollari in tasca e un inglese poverissimo. Si inserisce subito con caparbietà nel giro dei club della Bay Area, conosce la moglie Mary Joe nel ristorante dove fa il cameriere e negli anni Settanta si trasferisce a Kansas City. Si fa notare anche a Nashville ed entra nell’entourage del potente promoter country Tillman Franks, da cui apprende le regole fondamentali del country star system. Suona con artisti del calibro di Johnny Cash, Loretta Lynn e Conway Twitty, e nel 1980 approda a Branson, chiamato dal connazionale Mike Ito, violinista dei Baldknobbers. E da quel momento, grazie anche alle notevoli capacità imprenditoriali della seconda moglie Dorothy, è un’escalation di successi. Lo Shoij Tabuchi Theater viene inaugurato nel 1990, e ininterrottamente, salvo una breve pausa tecnica a gennaio e febbraio, per 5 giorni la settimana fa da cornice ai tre spettacoli – matinee, pomeriggio e sera – che la compagnia Tabuchi mette in scena, riuscendo in due ore a far convivere country, gospel, cajun, musica hawaiana, balletti vegas-style, canti patriottici e rap. Anche se il culmine, da sempre, si raggiunge quando Shoij si scatena in una versione ad alta velocità di Orange Blossom Special, col pubblico in delirio.
ImageCon mia moglie siamo andati allo spettacolo serale, in una calda giornata di ottobre. La cassiera quando ha saputo che eravamo italiani è trasalita e ha preso nota. “Lo comunico a Shoij” – ha detto – “Forse vi ringrazierà nello show”. Shoij, impeccabile nel recitare la sua collaudatissima parte di showman, non lo ha fatto. Ma è stato comunque illuminante sapere che al più famoso spettacolo di Branson, “The Live Music Show Capital of the World”, quella sera eravamo gli unici stranieri. E questo ci ha fatto sentire un po’ speciali.
Gli scettici si interrogano sul futuro di Branson, soprattutto di questi tempi. La diversificazione dell’offerta è stata fino ad oggi il fattore vincente – tra l’altro c’è un entusiasmante negozio di cd, Country Music USA – che ha saputo contrastare soprattutto la concorrenza delle nuove Las Vegas del Midwest e del Sud, come Evansville nell’Indiana e Tunica nel Mississippi. Speriamo solo che, pur nella sua provincialità e nel suo kitsh autoreferente, Branson non si adegui all’andazzo, cominciando a innalzare orribili casinò fosforescenti, immuni da ogni crisi economica. Sarebbe un vero peccato. (Roberto Baggiani)



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