L’espressione pensosa di John Coltrane è rivolta verso destra. Ma c’è quasi un sorriso sulle labbra che tenevano stretto il bocchino del sax per cavalcate fluviali al limite dell’umano da quaranta, cinquanta minuti. Bella scelta, l'immagine che annuncia Blue World, nuovo clamoroso disco di inediti di studio venuti allo scoperto dal sonno delle bobine negli archivi, e immediatamente rilanciati dalla Impulse, la “casa che John Coltrane costruì”m come dice il titolo di un celebre libro. E’ un fatto che gli ultimi anni sono stati prodighi di ritrovamenti per il mondo del jazz moderno, e per i coltraniani in particolare è stata una serie di tuffi al cuore che non erano stati messi in conto. L’Olatunji Concert del ‘67, quello alla Temple University del ’66, prove radianti di un’eruzione finale di vitalità tanto più urgente quanto più si avvicinava la fine di “Trane”.
Jazz
Recensioni
JOHN COLTRANE - Blue World
JOHN COLTRANE - Blue World Hot
Poi, lo scorso anno, l’affioramento del sontuoso Both Directions at Once: The Lost Album, registrazioni in studio del suo quartetto “classico”. 21° posizione nelle classifiche di vendita generali di Billboard. Un dato che forse può far sorridere i miliardari mitragliatori di rime e sillabe della trap, ma che invece dà da pensare, se solo ci si ferma a considerare che si trattava pur sempre di registrazioni di oltre mezzo secolo fa, e accolte come una sorta di Sacro Graal del jazz. Duecentocinquantamila copie vendute, qualcosa di inconcepibile, oggi, per un disco di purissime colte note afroamericane acustiche. Adesso è come se spuntasse fuori dal nulla, o, per parafrasare il titolo e l’espressione gergale nordamericana, “out of the blue” il capitolo secondo dei tesori nascosti in studio di John Coltrane. Esce Blue World, l’anno è di quelli speciali nella pur corposa discografia del gigante gentile dei sassofoni: quello del capolavoro assoluto A Love Supreme, dove per la prima volta Trane usò anche la voce, per salmodiare la quartina ondulata di note che lanciavano la sua perorazione mistica di amore per il creato e per il creatore, e Crescent, un disco a tutti gli effetti “classico” che moltissimi coltraniani hanno spesso annoverato tra i propri preferiti, per il compiuto equilibrio delle composizioni contenute. Bella e lievemente malinconica la storia di Blue World. Nel 1964 John Coltrane viene contattato da Gilles Groulx. Costui era un giovane regista canadese del Quebec, all’epoca trentatreenne, che si accingeva a girare uno dei film più importante della sua carriera , Le chat dans le sac: storia d’amore e di consapevolezza politica crescente di un giornalista che si trova a un crocevia della vita, a Montreal, realizzata tutta con attori non professionisti, e con tecniche d’avanguardia simili a quelle che stava sperimentando, negli stessi tempi, Jean – Luc Godard. Groulx aveva avuto modo di conoscere Jimmy Garrison, il contrabbassista del quartetto classico, e così riuscì a parlare con Trane, il suo eroe musicale. Gli disse che avrebbe voluto affidargli la colonna sonora del film, e, a sorpresa, Coltrane disse sì. Ecco allora che, tra le già calde sedute d’incisione per Crescent e quelle incandescenti di A Love Supreme si vanno a incastonare queste sedute “segrete”, nello studio di registrazione leggendario di Rudy Van Gelder, presente in sala lo stesso regista. Coltrane con Garrison, Mc Coy Tyner al piano e Elvin Jones alla batteria volle rimetter mano a brani che erano già sedimentati nel suo passato: un fatto pressoché unico. Ecco allora dipanarsi, per trentasette minuti complessivi, la durata di un vecchio vinile, versioni anche multiple di Naima da Giant Steps, inciso nel ’59, Village Blues e Like Sonny (tributo all’amico e rivale Sonny Rollins) da Coltrane Jazz del ’61, e perfino un recupero di Traneing In, uscito originariamente nel ’58 con l’elegantissimo Red Garland Trio. Più il brano che dà titolo, dolente e poderoso. Come già era successo a Monk alle prese con le colonne sonore del cinema, dei quaranta minuti circa di intensa, febbrile potenza sonora di queste incisioni – e forse proprio per quello – ne vennero usati dal regista solo una decina di minuti. Il resto è rimasto a dormire il grande sonno delle note dimenticate. Fino ad oggi, per nostra fortuna. (Guido Festinese)
opinioni autore
JOHN COLTRANE - Blue World
2019-09-26 14:49:53
Guido Festinese
Opinione inserita da Guido Festinese 26 Settembre, 2019
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