La vicenda di Thelonious Monk è una delle più affascinanti e misteriose di tutta la storia del jazz. Enigmatico almeno quanto la sua musica, profonda e imperscrutabile nella sua apparente semplicità, debutta discograficamente negli anni ‘40 con le sedute del Minton's Playhouse con Charlie Christian e Kenny Clarke, che storicamente segnano l’esordio del be-bop. Ma ‘Sphere’ - uno dei suoi tanti soprannomi – attraverserà tutti i generi degli anni a venire, impermeabile a ogni evoluzione, continuando a suonare praticamente solo la sua musica, la maggior parte dei titoli incisi nelle fondamentali registrazioni Blue Note del 1947 e in quelle Prestige degli anni immediatamente successivi. Anche questo concerto del 1963 (curiosamente lo stesso anno del recente “Both Directions at Once: The Lost Album” di John Coltrane: ma dove là c’era un disco inedito, qui c’è solo un concerto, di un anno peraltro già ampiamente documentato da svariate registrazioni ufficiali e bootleg) non sfugge alla regola: i tre brani di Monk - “Bye-Ya”, “Nutty”, “Monk’s Dream” - provengono da sedute degli anni ‘50 e i due standard prescelti - “I'm Getting Sentimental Over You” e “Body and Soul”, quest’ultima eseguita in solo - sono anch’essi temi ricorrenti nella produzione del pianista di New York.
Insieme a lui ci sono poi i fedelissimi Charlie Rouse al sax, John Ore al contrabbasso e Frankie Dunlop alla batteria, un quartetto che in quello stesso anno è nei negozi di dischi con gli ellepi Columbia “Criss-Cross” and “Monk’s Dream”; per dire che questa performance live registrata all’Old Fellow Palæet di Copenhagen non rappresenta certo una gemma imperdibile nella nutrita discografia monkiana, ma solo un’ulteriore prova di come i geni possano essere sempre giganteschi rimanendo semplicemente se stessi. (Danilo Di Termini)