Non ce ne vogliano i cultori del narcisistico, autoreferenziale Jarrett d'oggi, con le bizze da stella dell'opera e l'attitudine da rockstar. Jarrett suona benissimo anche ora, ma la torre d'avorio in cui s'è richiuso riuscendo a farsi accreditare come modello di perfezione (e la perfezione confina con il gelo glaciale, lo sappiamo) ha ben poco a che fare con il suo momento apicale di creatività, che è esattamente questo. Jarrett è colto dal vivo a Tokyo nell'aprile del 1979. Con Jan Garbarek ai sassofoni, flauto, percussioni, la ritmica stellare di Palle Danielsson e Jon Christensen. Lunghe cavalcate col profumo della musica dal mondo che sarebbe nata diversi anni dopo, come etichetta, pressanti ipnotiche divagazioni modali che strappano spesso esclamazioni di gioia e sorpresa allo stesso pianista, un lirismo virile che il nevrotico Jarrett mai più avrebbe raggiunto: al massimo, sarebbe stato eco di se stesso. (Guido Festinese)