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"Fra qualche giorno finirà l'estate e sulla spiaggia niente resterà"; la musica arriva da quell'ombrellone là in fondo, ma non gli prestiamo troppa attenzione, stiamo giocando a pallone, finalmente si può. È settembre, come canta Peppino Gagliardi, la spiaggia in effetti è quasi vuota, ci sono i soliti habitué, quelli che si ostinano a venire al mare fino all'ultimo giorno di apertura dello stabilimento e anche dopo, quando lentamente le cabine cominciano a essere smantellate per essere messe al riparo dall'inverno. shot_1347208361898Poi ci siamo noi quattro, che non abbiamo saltato un giorno di questa lunga estate del '74, sempre presenti ai bagni Piaggio di corso Italia, anche con la pioggia, che sono i giorni migliori perché ci siamo solo noi e siamo i padroni di tutto, dal ping-pong al juke-box, dove abbiamo trascorso buona parte dei nostri pomeriggi, cercando inutilmente di fare colpo sulle ragazze della nostra compagnia. Ora è settembre e siamo rimasti in pochi, la spiaggia è semi vuota, il pallone ha la meglio su tutto, due contro due, con due piccole porte segnate dagli zoccoli, la sabbia che s'appiccica al sudore in attesa del tuffo liberatorio nell'acqua resa finalmente limpida dalla tramontana. Massimo tira forte, il pallone finisce vicino a quell'unico ombrellone aperto; vado a prenderlo chiedendo scusa e stavolta osservo un po' più da vicino il suo occupante. È un uomo, quasi un vecchio (probabilmente avrà quarant'anni, ma dai miei dodici ci separa un abisso), capelli unti, un enorme costume nero adagiato su un corpo né abbronzato, tantomeno atletico. Ha vicino a sé una fonovaligia Lesa, arancione e bianca, un residuo di un'altra epoca, come la musica che ascolta. Sta cambiando il disco, riponendo accuratamente nella sua copertina quello che ha appena finito di ascoltare e prendendo da una borsa che ne contiene molti altri il prossimo. Mentre sono lì mi guarda e dice: "Ora metto Petite fleur di Sidney Bechet, è un vecchio pezzo suonato al sassofono soprano e non al clarinetto come tutti pensano. Vedrai ti piacerà". Resto a guardarlo mentre lo fa partire, tenendo in mano una copertina di carta bianca e rossa con la scritta nera Vogue, 45 tours. Appena inizia a gracchiare scappo via, lanciando il pallone verso i miei tre amici che stanno guardando incuriositi; e dopo un secondo me ne sono già dimenticato.

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