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Novembre 1975, stanco del poco impegnato "Ciao 2001", acquisto il mio primo numero di "Gong", pubblicazione che dall'ottobre dell'anno precedente esce come 'Rivista mensile di musica e cultura alternativa'. Tra le firme c'è quella di Riccardo Bertoncelli, che in quel numero (in copertina Demetrio Stratos) presenta il nuovo album di Crosby, Stills, Nash and Young, con tanto di reportage di un incontro con gli autori. Io, che già consumavo "Déjà Vu" in vinile e "Four Way Street" in cassetta, comincio ad agitarmi e a mettere i soldi da parte per l'acquisto. A dicembre, quando ho quasi raggiunto la cifra necessaria, nell'editoriale di Gonggong che ha in copertina Malachi Favors dell'Art Ensemble of Chicago (coincidenze: su "Blow-Up" di luglio/agosto 2012 fa bella mostra di sé Neil Young e all'interno un bell'articolo di Michele Coralli ripercorre la storia degli Art Ensemble) il Direttore svela che trattasi di una presa in giro rivolta a tutto l'entourage del consumismo: discografici, negozianti e critici musicali; e poi aggiunge pensando a qualche ingenuo lettore che ci è cascato: "chi segue Gong dall'inizio ha capito subito che si trattava di una bufala. È stato un modo per mettere alla prova anche i lettori, per selezionarli e definire meglio il target". Nonostante mi sia sentito selezionato e conseguentemente radiato, ho continuato a comprare Gong fino alla fine, anche se la mia collezione sciaguratamente finirà nella spazzatura alla mia bocciatura di seconda liceo.
Sono passati molti anni e sul numero di agosto del mensile francese "Jazz Magazine" (in copertina, Gregory Porter) uno strillo in copertina annuncia: "SELECTION: 22 DISQUES DE REVE". Mi precipito, salto la presentazione e sfoglio avidamente i 22 titoli: Prince e Miles Davis, Donny Hathaway e Yusef Lateef, Jimi Hendrix e Roland Kirk, Dylan e Monk. Su quest'ultimo mi soffermo, ho tutti i dischi di uno e dell'altro e di questo non ho proprio mai sentito parlare. Boh, ora controllo, intanto cerco in rete il bootleg di "Can I Play With U?", l'incontro tra il cantante di Minneapolis e il il trombettista di jazzAlton, descritto dettagliatamente, brano per brano. Ma anche qui non si trova niente. Un sospetto s'insinua, torno indietro e rileggendo l'introduzione alle ventidue recensioni (tutte corredate di plausibile copertina del disco e dati delle registrazioni) capisco di esser stato nuovamente gabbato: niente "Oxford town" con Thelonious al pianoforte (in effetti, a rileggerlo...), niente Tony Williams con David Byrne, Arto Lindsay e la produzione di Bill Laswell (che disco che sarebbe stato però).
E allora improvvisamente capisco: è facile ingannarmi perché in realtà quello che desidero è il disco che non esiste, quello che avrebbe potuto esserci, ma che per una beffa del destino non c'è mai stato (Miles Davis e Jimi Hendrix, incontro mancato per soli tre giorni, lo studio era fissato, ma il cocktail di alcool e tranquillanti arrivò prima), quello che se anche lo trovassimo, finirebbe lì in mezzo ai mille altri, dimenticato in favore del prossimo agognato e scuro oggetto del desiderio. E allora lasciatemi cercare ancora, magari da qualche parte, in qualche scaffale dimenticato di una major distratta, esiste davvero la testimonianza dell'incontro fra Louis Armstrong e Django Reinhardt, l'unica collaborazione tra Stan Getz e John Coltrane o il disco che consegna ai posteri quella volta in cui McCartney portò il suo basso alla corte di Frank Zappa...
(Articolo scritto ascoltando l'ultimo disco di Crosby, Stills & Nash – CSN 2012. Ma sarà uno scherzo anche questo?)

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