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Quando all'inizio degli anni '50, il 33 soppiantò il 78 giri, per la musica registrata iniziò una nuova epoca: la schiavitù dei tre minuti entro i quali bisognava concludere necessariamente il brano, era finita. Adesso le canzoni potevano durare molto di più e ben presto si arrivò, sia nel jazz che nel rock, ad occupare intere facciate con un solo titolo. In genere i Long- Playing (nomen omen) duravano tra i trenta e i quaranta minuti (anche se ricordo la recensione di un disco di Todd Rundgren, che aveva stretto i solchi fino a supportare 60 minuti di musica), i dischi dal vivo erano tripli, alcune opere particolarmente ambiziose si dilatavano fino a quattro, ma comunque l'ascolto di un singolo ellepi era di fisiologici quaranta minuti, addirittura separati dal necessario cambio di lato (curiosamente le musicassette, che pure potevano arrivare a durate molto maggiori, mantenevano la stessa struttura del disco: un doppio aveva infatti il suo equivalente su nastro con due cassette, benché si potesse tranquillamente infilare tutto in una sola). vinyl_records__1_cdE così fu per lunghi e felici anni, fino all'arrivo del compact disc. Il supporto digitale, oltre ad essere contrabbandato come assolutamente fedele e indeteriorabile, eliminava per sempre scricchiolii e fruscii (tutto falso ovviamente, ma non è questo il punto), oltre ad avere anche il pregio di poter contenere fino a 75 minuti di musica. All'inizio nessuno fece troppo caso alla notizia: l'ellepi rimaneva ancora il formato di riferimento e anche tutte le ristampe che cominciavano a inondare il mercato, restavano della lunghezza originaria. Poi, lentamente, ma inesorabilmente, le durate cominciarono a dilatarsi: i dischi nuovi arrivavano a occupare tutto lo spazio a disposizione con brani che normalmente non avrebbero mai visto la luce; le ristampe si infarcivano di demo, take alternate, versioni mono e stereo che a nessuno, et pour cause, era venuto in mente di pubblicare fino ad allora. Il fenomeno è proseguito inarrestabile, anche per mantenere invariato il prezzo del cd, che altrimenti sarebbe dovuto scendere del 90% circa, senza aver corrispondenti in altri ambiti: quando Gutenberg inventò la stampa, si pubblicarono molte più copie della Bibbia, ma a nessuno è mai venuto in mente di cercare i demo dei miracoli di Gesù o di scovare qualche episodio minore e sconosciuto dei suoi primi trent'anni di vita per allungare il brodo. Analogamente gli scrittori hanno continuato a creare secondo le proprie personali esigenze: le avventure di Ulisse sono state raccontate da Omero, o chi per lui, esattamente con l'estensione che gli serviva e non per riempire le pagine che allora manco c'erano. E Baricco - l'accostamento è puramente casuale – scrive in corpo 16, interlinea 1,5 e raggiunge a stento le 100 pagine, pur avendo a disposizione una quantità di spazio infinito da riempire. Insomma, l'opera d'arte non si è mai confrontata ossessivamente con il suo supporto, così come ha fatto la musica degli ultimi vent'anni, colta da sindrome di gigantismo e iper-completismo, Tutto questo mentre i tempi di fruizione sono crollati ai minimi storici, l'avvento di YouTube ha riportato in voga la semplice canzone e il pop più becero continua a sfornare brani che dopo tre minuti hanno esaurito ogni possibile interesse. E così siamo di nuovo alla durata del 78 giri, a dimostrazione che il concetto di progresso con cui ci siamo baloccati per secoli, sarebbe tutto da ripensare.

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