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Carlo non aveva il telefonino o perlomeno nessuno glielo aveva mai visto. E a cosa gli sarebbe servito poi? O era al lavoro, al Pronto Soccorso dell'ospedale più grande d'Europa, o era da Disco Club ad aspettare i dischi e i cofanetti di cd ordinati, chiacchierando del più e del meno per interi pomeriggi (o mattine a seconda dei turni di lavoro) con gli avventori, sotto lo sguardo paziente (o impaziente a seconda dell'umore) di Giancarlo, il proprietario del negozio. E se non era in nessuno di questi tre luoghi, di certo non voleva essere disturbato dal suono di un cellulare. Non aveva mai mostrato nemmeno alcun interesse verso l'oggetto, anche quando Andrea, Giuseppe o qualcun altro tirava fuori l'ultimo modello, mostrando orgogliosamente tutte le potenzialità: "questo ad esempio legge i file excel, il formato in cui ho catalogato tutti i miei dischi; così quando sono in giro posso controllare se quel 45 giri dei Sisters of Mercy ce l'ho già o se mi manca proprio quell'album dei Tuxedo Moon"... Carlo guardava, dietro i suoi occhiali spessi, dando l'impressione di non sentire nemmeno. Probabilmente stava pensando che a lui non servivano nemmeno i file excel, tanto la discografia di Elvis ce l'aveva stampata nella testa, tutta, dal primo disco (quello omonimo del 1956 che avrebbe ispirato vent'anni più tardi la copertina di "London Calling" dei Clash) all'ultima ennesima riedizione con inediti di cui proprio non si poteva fare a meno. Di un telefonino proprio non sapeva che farsene. elvis app
Tutto nella vita di Carlo proseguì con i ritmi della semplice quotidianità: il lavoro, i dischi, il negozio e tutto il resto. Ogni tanto Giancarlo lo espelleva da Disco Club per la sua insanabile ossessione di toccare e se possibile anche 'rubare' i dischi ordinati da altri; ma dopo poco veniva riammesso, magari con l'intercessione di qualche amico/cliente che proprio non ce la faceva a vederlo fuori dalla vetrina con la sigaretta in mano a guardare le nuove uscite (di cui non conosceva un nome) e le ristampe (che invece avrebbe voluto tutte, se già non le possedeva). Fino a quando, come sempre nella vita, di colpo accadde qualcosa che lo gettò nel panico più profondo. Era un pigro sabato mattina di metà agosto; sarebbe stata una giornata calda, ma ancora si riusciva a godere dell'ombra dei portici di via San Vincenzo, magari con l'aiuto di un'incursione al Bar Verdi per un caffè freddo o un chinotto con ghiaccio e limone. Carlo aveva smontato dal turno di notte e indugiava in attesa che arrivasse qualcuno con cui scambiar due parole (con Giancarlo non c'era possibilità, era impegnato a mettere a posto gli ultimi cd arrivati e aggiornare il sito del negozio) prima di rintanarsi a casa a recuperare le ore di sonno perdute. Il suono di un clacson gli fece alzare il capo dalla vetrina, che osservava a due centimetri per i succitati problemi di vista; vide una macchia blu e una mano che lo salutava. Entrò dentro, proprio mentre Giancarlo gli porgeva il telecomando per aprire la sbarra che delimitava il posteggio del palazzo. Il negozio ne aveva uno riservato e per i clienti più dispendiosi era a disposizione per tutto il tempo (e anche qualcosa di più) degli acquisti; Danilo ne usufruiva in quanto ex-commesso dei tempi d'oro o quasi, quando insieme a lui c'era anche Stefano e sembrava che tutto non dovesse finire mai. Comunque a uscire della macchina quel giorno fu Danilo e proprio a Carlo si rivolse per primo appena entrato: "guarda qua", gli disse brandendo un cellulare che assomigliava per dimensioni a un piccolo computer. Carlo si avvicinò per vedere da vicino lo schermo sul quale con grande fatica riconobbe una foto di Elvis giovane con chitarra e microfono; ma ancora non capiva. "È un app di Android del sito ufficiale di Elvis, ci puoi fare un sacco di cose" e mentre continuava a parlare Carlo cominciò ad appassionarsi alla cosa, benché della prima frase non avesse ritenuto una sola parola se non il magico nome che da sempre accendeva la sua vita. Danilo gli stava spiegando che quell'applicazione era divisa in cinque sezioni: una - "Sightings" – permetteva ai fan di postare le immagini del 'King of Rock'n'Roll' in cui si imbattevano in ogni parte del mondo; un'altra - "Images" – aggiornata settimanalmente, regalava foto inedite o rare di Presley. Quindi una parte "Media", ricca di video e podcast, una di "News" con le ultime informazioni (ad esempio, gli spiegava Danilo, "lo sai che per i trentacinque anni dalla morte, il 16 agosto, a Memphis, proietteranno un concerto di Elvis con l'accompagnamento di cantanti e musicisti che hanno lavorato con lui e con membri della Memphis Symphony Orchestra. Suoneranno dal vivo insieme alla voce originale di Elvis! Ci sono ancora biglietti da 65 a 95 dollari, i più belli, quelli da 105 e i posti VIP da 300 sono già esauriti, lo sapevi?". No, non lo sapeva, pensò Carlo, un pensiero accompagnato da una piccola fitta al cuore). E infine la sezione "Live-Cam" con due videocamere piazzate giorno e notte davanti a Graceland (anche se non si capisce in attesa di cosa; forse nella speranza o nella certezza che prima o poi Elvis avrebbe riaperto quella porta?). Carlo accusò visibilmente il colpo: aveva tutti i dischi in edizione americana, italiana e giapponese, gli EP, i live, i box, centinaia di riviste, manifesti e gadget, aveva il biglietto del concerto di New York del 10 giugno 1972 al quale affermava di aver assistito (nessuno aveva mai visto quel biglietto, alla richiesta di esibirlo aveva dichiarato di averlo incorniciato insieme al disco - "Elvis: As Recorded at Madison Square Garden" - pubblicato solo otto giorni dopo per sfruttare il successo dell'evento); ma non aveva quell'App, qualunque cosa fosse. La voce di Danilo si trasformò in un ronzio lontano, troppo lontano, fino a sfumare del tutto, il negozio cominciò a girare mentre la faccia di Giancarlo diventava grande, sempre più grande, deformandosi nella copertina del primo disco dei King Crimson, "In the Court of the Crimson King", di cui aveva l'edizione originale, perché mica collezionava solo Elvis, quella con l'isoletta e la palma sull'etichetta o era tutta rosa con la scritta bianca? Adesso non se lo ricordava, ma non sembrava così importante...
Quando sentì la voce di Elvis che cantava "I got a Woman" pensò di essere in paradiso; aprì gli occhi e vide Danilo che gli porgeva un bicchiere d'acqua: era sdraiato per terra, appoggiato allo scaffale degli ultimi vinili usciti; davanti a lui c'era anche Giancarlo, con la faccia normale questa volta, che, visibilmente sollevato, gli parlava: "Ho dovuto aprire il cd per farti rinvenire; ora me lo compri, chiaro?". Se quella era "I got a Woman" (e perdiana se lo era si disse) doveva essere rimasto privo di sensi per cinque minuti circa: infatti quella era la terza canzone del primo disco, dopo i due minuti di "Blue Suede Shoes" e i due e ventitré secondi di "I'm Counting on You". Si rialzò, si diede una sistemata alla maglietta, quella con l'etichetta della Sun records un po' sbiadita ormai, bofonchiò qualche ringraziamento e uscì, pensando solo a dove fosse il negozio di telefonini più vicino.

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