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JAZZ FUORI TEMA 4 - Tortona – Piazza Arzano (29 giugno -1 luglio)
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ImageBergman è, comunque, fortemente inscritto nella storia del jazz: il suo modello estetico di riferimento è, a suo dire, l’armolodico sax di Ornette Coleman. Anzi, Borah sostiene addirittura che pensa alle sue mani come a due sax ornettiani che improvvisano in contemporanea: la suggestione è forte e vivo il ricordo di Roland Kirk, capace di suonare tre sassofoni nello stesso tempo. Il genovese Stefano Pastor è, dal canto suo, musicista dalla formazione classica, con il tempo avvicinatosi al jazz, all’improvvisazione, alla strenua ricerca timbrica, alla musica vissuta come grido di protesta ancestrale. Il suo è un suono rotondo, pastoso, quasi insufflato, come si conviene ai grandi del jazz immediatamente riconoscibile, cercato e trovato attraverso precisi accorgimenti sullo strumento. Incredibile come sembri uno strumento a fiato e allo stesso tempo ricordi il violino di Stuff Smith. Unico, quindi, l’impasto sonoro tra il pianismo limpido e magro di Borah Bergman e il timbro grasso e sporco di Stefano Pastor. I due si sono espressi in una serie emozionante di improvvisazioni a cascata, tra guizzi improvvisi, sgocciolamenti, scale impazzite, rumori sordi, trovando anche il tempo e la sensibilità per abbandonarsi ad alcuni momenti di intenso lirismo. Oltre, infatti, a reinterpretare la celebre Round Midnight di Thelonious Monk, toccanti sono state le ballate in onore di Bud Powell e di Arrigo Pollillo, fondatore e storico direttore di Musica Jazz. Ad Arrigo Polillo va il merito di aver fatto in modo che Bergman approdasse in Italia, e nel suo ricordo l’ormai ultraottantenne Borah si è visibilmente emozionato. (Marco Maiocco)

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