Prima avvertenza: chi si aspetta una pedissequa riproposta delle consuete atmosfere vintage anni Settanta e Ottanta lasci perdere. Chi crede che ne varrà la pena perché comunque la voce luciferina di Peter Hammill legittima ogni acquisto, anche. Hammill non canta neppure una sillaba qui. E i nostri, notoriamente ridotti a un trio, sono in completa improvvisazione in studio, neppure una traccia scritta. Loro la mettono molto sull'ironico, nelle note, ma il contenuto è magnificamente aggricciato e sinistro come i punti più oscuri della gloriosa carriera, ancorché l'inizio siano aggraziati cinguettii di veri uccelletti raccolti dai microfoni. Poi è un dipanarsi di note lunghe, tenute, che sembrano andare da qualche parte e girano sull'orlo dell'abisso, poche esplosioni di lugubri ostinati ritmici che sembrano tracciare qualche strada. Siamo sulle piste di certe cose analoghe dei King Crimson più bui, insomma. Se non avete pregiudizi, e per una volta siete disposti a fare a meno dell'ugola strangolata di Hammill, un disco magnifico. (Guido Festinese)