A tre anni da “Invisible hour” e dopo il progetto dedicato al mito della ferrovia di “Shine A Light” insieme a Billy Bragg, ritorna Joe Henry, musicista che nell’immaginario, nonostante quattordici album alle spalle, resta più un produttore di successo che un songwriter a tutti gli effetti. Invece Henry ha già ampiamente dimostrato buone abilità di scrittura, oltre alla capacità, ineluttabile per un produttore, di utilizzare al meglio musicisti anche lontani dal suo universo, come accadde con Ornette Coleman in “Scar”. Questa volta la scelta di registrare live in studio con la tecnica del direct-to-tape, con un gruppo limitato ad un trio in cui alla sua chitarra fanno da contrappunto i fidati David Piltch al basso e Jay Bellerose alla batteria (con qualche aggiunta occasionale di tastiera e fiati, questi ultimi del figlio Levon) segna il disco con atmosfere sommesse e malinconiche. Si potrebbe pensare ad un progetto da rubricare all’interno della categoria ‘americana’, ma come accade per tutti i grandi alla fine la definizione di genere risulta stretta per l’originalità di un autore e di un disco da assaporare con la giusta attenzione per scoprirne appieno le molteplici sfumature. (Danilo Di Termini)